Veronica Elia
Ottobre 2017 – Spesso si pensa al viaggio come a una fuga, ad una sorta di Oracolo che dovrà darci quelle risposte che da soli non siamo riusciti a dare alle nostre domande; altre volte, invece, crediamo necessariamente di dover andare via, lontano. È solo questo, la distanza, a darci l’illusoria impressione di essere davvero partiti.
Eppure non conta quanto ci si allontana da casa: un viaggio resta tale anche se si tratta di una breve gita a pochi chilometri dal luogo in cui viviamo. Un viaggio è ogniqualvolta visitiamo un posto nuovo, oppure quando lo stesso angolo di mondo lo guardiamo da una diversa prospettiva.
Così non conta quanto tempo staremo via o se ci dirigeremo in un altro stato o continente, innanzitutto occorre conoscere il proprio paese, esplorarlo con la stessa curiosità e il medesimo entusiasmo con cui visiteremmo una terra straniera.
Perfino un viaggio verso una meta più vicina, la Calabria, può infatti rivelarsi, per alcuni, un’esperienza esotica!
Si comincia con un lungo viaggio in macchina; tra me e la meta prescelta, Tropea, più di mille chilometri di distanza. In realtà la base di partenza è stata individuata a Coccorino, una frazione del comune di Joppolo in provincia di Vibo Valentia, non lontano appunto dalla celebre località balneare calabrese.
Una cittadina graziosa anche se piuttosto essenziale: chiesa, bar centrale, negozio di alimentari, ristorante e mare. Tuttavia si tratta di un ottimo e strategico punto iniziale per raggiungere diversi luoghi di interesse nella zona di Capo Vaticano, dove, dal Faro, è possibile avere una perfetta e suggestiva visuale sulla costa.
La Costa degli Dei, anche nota come Costa Bella, vanta infatti splendide spiagge dorate e un mare dalle infinite sfumature verde-azzurro; tra queste le più note sono quella di Tropea, dove però ad Agosto trovare un posto libero significa giocare una partita a Tetris, la rinomata Baia di Riaci, oppure, procedendo ancora verso Sud lungo la costa, quella di Grotticelle nei pressi di Ricadi.
Spiagge meno frequentate ma altrettanto belle sono invece il Tono e il Tonicello, ma soprattutto la Baia di Formicoli, la mia preferita.
A pochi chilometri da Tropea questa baia, prevalentemente rocciosa ma con qualche insenatura sabbiosa, si affaccia sull’azzurro intenso del mare, anch’esso a tratti dotato di un fondale di sabbia e a tratti di scogli. A differenza di numerose spiagge della costa, Formicoli è facilmente raggiungibile a piedi senza troppa fatica e possiede due grandi parcheggi per le auto; inoltre è ben attrezzata in termini di bar e noleggio imbarcazioni. Nonostante gli svariati servizi, però, conserva la sua natura incontaminata: basta infatti superare la prima insenatura della baia per raggiungere spazi più tranquilli e appartati tra il promontorio di arenarie e il mare.
Più impegnativo è invece raggiungere il Giardinello, spiaggia nel comune di Santa Domenica, in quanto bisogna scendere un sentiero scavato nella costa ripida e scoscesa.
Ma il più grande mistero resta però come poter giungere alle innumerevoli insenature visibili dall’alto del promontorio; a quanto pare l’unica via sembra essere il mare, ecco perché mi sono munita di una fantastica canoa!
Tropea resta certamente la meta più in voga e con un fascino irresistibile, sia di giorno che di sera, coi suoi locali sul corso, i negozi, i ristoranti, il panorama mozzafiato e le sue differenti espressioni storico-artistiche. In particolare, non si può in alcun modo trascurare il santuario Santa Maria dell’Isola, il cui primitivo impianto risale addirittura all’Alto Medioevo. Per solo 1,50 Euro (2 Euro la sera) è stato possibile visitare, oltre alla chiesa, il piccolo museo ed accedere al giardino panoramico.
Di indiscutibile fascino, soprattutto la domenica, giorno del mercato, è inoltre Nicotera, caratteristica cittadina arroccata sulle montagne, lì costruita in passato per sfuggire alle incursioni saracene. Non manca poi il mare, dato che il comune si estende a tutti i livelli fino a comprendere la parte di Nicotera Marina.
Moltissime altre le escursioni possibili: le minicrociere alle Isole Eolie, una gita a Pizzo, dove assaggiare il famoso tartufo gelato, la visita alla città di Vibo Valentia per una giornata all’insegna di arte, cultura e shopping, per poi concludere con una scampagnata fra le montagne calabresi.
Di notevole interesse è stata proprio la gita a Serra San Bruno e alla sua Certosa fondata da Bruno di Colonia nel XI secolo. Poiché vi si osserva la regola del silenzio e si pratica la clausura, non è concesso visitarne l’interno, tuttavia è stato allestito un museo che riproduce la vita dei monaci.
L’atmosfera estremamente spirituale è suggerita non soltanto dalla struttura e dalla pace che la contraddistingue, ma anche dall’ambiente circostante caratterizzato da una radura di faggi e pini e dal Laghetto di San Bruno.
Ma Serra è anche nota per i suoi funghi e quindi come non fermarsi a mangiare, io e il mio ‘compare’, in una delle tante locande?
La Lumera ci ha così accolti con un ricco e gustoso menu: antipasto casereccio con affettati locali, funghi e pomodori sott’olio e un primo piatto corposo a base di fileja, una tipica tipologia di pasta calabrese, con funghi e speck. Confesso che per pudore non ho chiesto il bis di fileja, ma questo resterà un mio grandissimo rimpianto perfino in punto di morte! Infine, per non farci mancare nulla, abbiamo concluso il pasto con delle costine di maialino nero in agrodolce e crema di funghi, il tutto accompagnato da una bottiglia di vino rosso Cirò. Dopo un caffè e un vero Amaro del Capo, siamo riparti, come si potrà immaginare, di slancio!
Ovviamente per mangiare bene, in grandi quantità e a prezzi perlopiù discreti, non è stato necessario scalare i monti, ma è bastato recarsi nel primo ristorante di Coccorino, da Mercurio, dove siamo stati deliziati con una splendida cena di pesce comodamente gustata in terrazza e al tramonto. Senza poi dimenticare la carne e i formaggi di Monte Poro e la sagra della ‘nduja di Spilinga, del ‘pruppu’ (polpo) a Joppolo, del vino a Brattirò e della cipolla a Ricadi. Va a questo punto svelato un falso mito: la celebre cipolla di Tropea, in realtà, è prodotta proprio a Ricadi, ma viene associata alla cosiddetta perla del Tirreno per ragioni commerciali.
Tipiche tradizioni di queste sagre, oltre ai giochi pirotecnici e alla musica locale, sono l’arrivo dei giganti, fantocci portati a spalla e fatti ballare a ritmo di tamburi, e U’ CAMEJUZZO I FOCO, una folle rassegna folcloristica. Dico folle perché, per quanto storicamente si tratta di una danza di fuoco evocativa che simboleggia la purificazione del territorio dalle influenze negative, e quindi la cacciata dei Saraceni, prevede che un individuo, generalmente poco tutelato da apposite attrezzature di sicurezza, indossi una struttura di legno, il camejuzzo, che sarà successivamente incendiata. Per di più gli zampilli da esso provenienti spesso raggiungono il pubblico. Quindi, se partecipate a simili manifestazioni, osservate da lontano, riuscirete comunque a vedere l’esibizione e in più salverete i vostri vestiti!
Ma spesso e volentieri nemmeno si è dovuto varcare la soglia di casa: in ogni famiglia calabrese che si rispetti c’è sempre una nonna vestita di nero che cucina i pomodori e le melanzane del suo orto e uno zio che la mattina va a pesca e dopo poche ore accende il fuoco per fare la brace.
E se è vero, come scrisse Voltaire, che “È ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire di casa propria”, resta comunque un vero peccato, a mio avviso, desiderare di esplorare il mondo prima della nostra Penisola che resta, senza ombra di dubbio agli occhi di tutti, una meravigliosa bellezza da scoprire.
Veronica Elia