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Febbraio 2013 - Sulla strada che da Buenos Aires porta alle cascate di Iguaçu si trovano le rovine gesuite di San Ignacio Mini, una tappa obbligatoria per gli appassionati di storia del Nuovo Mondo e una piacevole sosta per spezzare il lungo viaggio se si procede via terra dalla capitale.

La storia della missione risale ai primi anni del XVII secolo. Siamo nel 1610 e i sacerdoti José Cataldino e Simón Masceta fondano la prima San Ignacio Mini nei dintorni di Guayra, in Brasile. Per vent’anni resistono tenaci agli assedi dei banditi e dei cacciatori di schiavi portoghesi ma nel 1632 decidono di ripiegare nei pressi del fiume Yabebiri. Nel 1696 si stabiliscono definitivamente nella provincia di Misiones, situata nel nord dell’Argentina. Il sito, che occupa una superficie di 1687 km², ospita circa 4000 indiani guarani che vivono nella missione con i Gesuiti in un clima di rispetto reciproco e di totale armonia.

Nel corso del XVII secolo e fino alla metà del secolo successivo si assiste alla proliferazione delle missioni gesuite sugli attuali territori del Paraguay, dell’Argentina, del Brasile e dell’Uruguay e contestualmente allo sviluppo di un movimento artistico - il Barocco-Guaraní – che testimonia la simbiosi culturale tra i religiosi e i nativi, esplicitata dagli elaborati disegni sulle colonne delle chiese che riproducono, accanto ad angeli e colombe, ornamenti floreali di ispirazione indigena. La pacifica convivenza tra i due mondi è destinata a spezzarsi quando Carlo II, re di Spagna, decreta l’espulsione dell’ordine gesuita dal paese.

Cosa abbia spinto la corona spagnola ad assumere una decisione così drastica resta tuttoggi un punto di domanda. I gesuiti si stanziano nel Nuovo Mondo spinti dal desiderio di evangelizzare i nativi e, a differenza di quanto accade in buona parte del continente in seguito alla conquista e alla colonizzazione, non impongono la loro cultura ma coniugano l’insegnamento del Vangelo con gli usi e i costumi tradizionali autoctoni. E per la prima volta, uomini che non parlano latino sono autorizzati a servire la messa diretta dai religiosi. Un atteggiamento che infastidisce i reali spagnoli, più interessat allo sfruttamento del territorio che all’emancipazione civile e culturale dei suoi abitanti. Questa, secondo gli attuali residenti di Misiones, la ragione che giustificherebbe l’espulsione dei gesuiti dal territorio e la distruzione di buona parte delle consorelle paraguaye.

Quella che vediamo oggi è infatti il frutto di un’opera di restaurazione totale, eseguita negli anni ’40 del secolo scorso, per riportare alla luce una delle missioni più emblematiche e significative della Compagnia di Gesù nel Nuovo Mondo.

Ancora oggi San Ignacio Mini costituisce un centro di peregrinazione costante nella regione di Misiones e per rispondere alle esigenze di tutti i visitatori, pellegrini o turisti che siano, è stato istituito un museo all’ingresso del sito dove è possibile approfondire la storia di questo movimento così singolare per l’epoca.

Diana Facile

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