venerdì 19 aprile 2024
 
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Recensioni

Set in Venice è un viaggio nel cinema alla scoperta dei film e dei set allestiti a Venezia, lungo un arco di tempo di oltre un secolo. Set cinematografico naturale, in qualsiasi epoca la città è stata ambientazione ideale per film d'amore, drammi, commedie romantiche ma anche film noir, d'azione e suspense. E continua ad esserlo, ogni giorno.

Dalle riprese dei fratelli Lumière ad Orson Welles, da Michelangelo Antonioni a Steven Spielberg, da Luchino Visconti a Woody Allen, da Dino Risi a Lasse Hallström, il volume è un omaggio al grande cinema raccontato per immagini; una ricca galleria fotografica dei film più significativi girati e ambientati nella città lagunare e dei loro meravigliosi set.

Introdotto dalla voce autorevole di Paolo Mereghetti, frutto di una scrupolosa ricerca iconografica, effettuata attraverso archivi nazionali e internazionali, cineteche, case di produzione, collezioni private e archivi di fotografi professionisti, lo straordinario percorso per immagini è accompagnato da testi che consistono in aneddoti, notizie, curiosità, citazioni critiche ma soprattutto racconti di registi, attori, produttori, direttori della fotografia, scenografi, costumisti, direttori di produzione, ecc…che hanno lavorato sui set veneziani e vissuto la città per raccontarla al mondo.
Forse non tutti sanno che la prima soggettiva nella storia del cinema è stata girata su un battello che navigava in laguna, o che Anonimo Veneziano con la sua atmosfera grigia e invernale è invece stato girato in piena estate, o che la "Bondola" di Moonraker fu costruita in quattro esemplari che potevano raggiungere i 100 km/h.

Il libro illustra le particolarità di un set unico al mondo e ripercorre le favolose location disseminate nella città, con le sue inimitabili suggestioni ma anche con le "difficoltà" oggettive di portare su calli e canali, troupe, attrezzature tecniche e macchine da presa.

Set in Venice ci ricorda luoghi che non esistono più, come il "vecchio" Teatro La Fenice, su cui si aprivano le prime scene di Senso di Visconti; ci trasporta in altri che invece non sono mai esistiti, come i set veneziani ricostruiti per Cappello a cilindro del 1935, o ci mostra la Venezia solo fantasticata dei film di animazione come I Fratelli Dinamite o Corto Maltese.
L'autrice ha raccolto personalmente innumerevoli interviste a protagonisti del cinema e a personaggi del panorama culturale italiano e internazionale, fra gli altri: Woody Allen, Mike Figgis, Michael Radford, Marco Bellocchio, Pupi Avati, Tinto Brass, Donald Sutherland, Carlo Verdone, Silvio Soldini, Piero Tosi, Gabriella Pescucci, Bruno Rubeo, Sandy Powell, Jenny Beavan, David Gropman, Joanna Johnston, Marcello Gatti, Pino Donaggio, Bruno Bozzetto, Tiziano Scarpa, Eleonora Giorgi, Claudio Amendola.
Set in Venice è suddiviso in nove sezioni. La prima, sul cinema muto, è un testo di Carlo Montanaro illustrato da rare immagini di film dell'epoca. Ottanta sono invece i film presentati nelle sezioni successive che rimandano ai generi; a conclusione, una serie di otto immagini memorabili.

BIOGRAFIE
Ludovica Damiani è nata a Roma nel 1972.
Scrive e lavora per il cinema e il teatro.
Nel 2007 fonda l'Associazione Culturale Caro Amico, con cui produce e realizza l'Omaggio ai Grandi Maestri, Progetto Speciale della Direzione Generale per il Cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; una serie di tre spettacoli teatrali per la regia di Guido Torlonia: Caro Luchino, omaggio a Luchino Visconti (2007); Caro Giorgio, omaggio a Giorgio Strehler (2007); Caro Federico, omaggio a Federico Fellini (2008-2009), presentati nei più prestigiosi teatri italiani (Teatro alla Scala di Milano, Teatro La Fenice di Venezia, piccolo Teatro di Milano, Teatri Valle e Quirino di Roma). Dal 2003 al 2006 lavora alla Biennale di Venezia con incarichi di programmazione, cerimoniale e ufficio stampa per la Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica. Nel 2001 è stata responsabile creativo del sito www.sognando.com, dirigendo la sezione cinema e l'archivio film.

Paolo Mereghetti, nato a Milano nel 1949, è critico cinematografico e giornalista professionista. Ha scritto su Ombre Rosse, Positif, Linea d'ombra, Reset, Lo straniero, Cahiers du Cinéma, Ciak. Inviato del Corriere della Sera dove ha diretto il supplemento ViviMilano e le pagine Tempo Libero della cronaca cittadina, è attualmente titolare della rubrica di critica cinematografica sulle pagine del quotidiano e sul magazine Io Donna.
È stato consulente per la Mostra del Cinema di Venezia durante gli anni di Lizzani, Rondi e Barbera, ha collaborato con Raitre e Radio Rai. Ha pubblicato, tra gli altri, saggi e volumi su Orson Welles, Arthur Penn, Marco Ferreri, Bertrand Tavernier, Sam Peckinpah, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Serge Daney, Jacques Rivette. Nel 2001 ha vinto il premio Flaiano per la critica cinematografica.

Carlo Montanaro è nato a Burano (VE) nel 1946. Scrive di cinema in riviste e pubblicazioni diverse. Collabora all'organizzazione di festival e rassegne fra cui La Biennale di Venezia e Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone.
Organizza corsi di Alfabetizzazione e storia del Cinema e di Regia; è docente di Teoria e Metodo dei Mass Media all'Accademia di Belle Arti di Venezia, della quale è stato rieletto Direttore nel 2006; insegna Teoria e Tecnica del Linguaggio Cinematografico, Politiche e Interventi di Conservazione del Film e di Programmazione delle Teche, alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Ca' Foscari.

Tra le molteplici pubblicazioni: la biografia di Francesco Pasinetti per il vol. II dei Profili Veneziani del Novecento (Supernova, Venezia 1999); Dall'argento al Pixel: storia della tecnica del cinema (Le Mani, Recco, 2005).
È tra i collaboratori:
* del quinto volume della Storia del Cinema Mondiale curata da Gian Piero Brunetta (Einaudi, 1999-2001) e dei relativi Dizionari (2005-2006);
* dell' Enciclopedia del Cinema Treccani. Nel 2007 ha collaborato al Catalogo della Mostra Vertigo, Il secolo di arte off-media dal futurismo al web curata da Germano
  Celant con Gianfranco Maraniello, che ha inaugurato il Museo d'Arte Moderna di Bologna (MAMbo).
Con questo volume dedicato ai kilim, Taher Sabahioggi tra i più accreditati esperti e collezionisti di tappeti nel mondo – completa la sua già ampia bibliografia sull'arte dei tappeti e dei tessili orientali.
Lo fa partendo da un suggestivo ricordo personale che risale all'infanzia a Teheran, quando i venerdì di festa in gita con la famiglia, "sdraiati o seduti sui nostri due kilim, stesi sull'erba all'ombra dei gelsi, godevamo dell'aria meravigliosa che si respira alle pendici dei monti Alborz".

Le più antiche testimonianze della tessitura kilim provengono dall'Anatolia, da dove la produzione si diffonde in tutto il Vicino e Medio Oriente, dall'Egitto all'Iran, in Asia Centrale, fino all'India e alla Cina.
Diversamente dai tappeti annodati, i kilim sono tessuti piani e il loro minore spessore li destina a diverse funzioni: non solo complementi d'arredo come tappeti, ma anche divisori di dimore tribali, interni di tende, coperture, sacche da trasporto, tovaglie da mensa, gualdrappe e bande per fissare il carico sulle selle dei cavalli. Forse proprio questa destinazione più utilitaria ha fatto sì che fino a pochi anni fa i kilim non fossero particolarmente ricercati da collezionisti ed estimatori.

Oggi, tuttavia, essi sono oggetto di studio, collezionismo e di un diffuso apprezzamento sia per le qualità artistiche, sia per il valore storico ed etnografico. L'autore raccoglie, organizzandole per aree di produzione, le testimonianze più significative di un'arte molto pregiata, risalendo dagli esemplari più antichi alla produzione attuale.
Un apparato fotografico di oltre seicento kilim provenienti da tutto il mondo illustra non solo l'enorme varietà di modelli, ma altresì gli usi e costumi delle genti d'Oriente che producono quotidianamente questi manufatti. La ricognizione geografica è inoltre completata dall'analisi puntuale delle tecniche di tessitura, della filatura e dei materiali, dei coloranti, delle tipologie decorative. Non ultimo, Taher Sabahi si sofferma sulla marcata valenza simbolica dei kilim, poiché i loro decori astratti nascondono significati riconducibili a culti e credenze delle antiche culture orientali.



TAHER SABAHI

Taher Sabahi (Teheran, 1940) vive a Torino dal 1961. Da anni si dedica allo studio dei tappeti e dei tessili orientali e dei contesti sociali ed etnici in cui vengono prodotti, con l'intento di presentarli al pubblico come oggetti di artigianato artistico, e non solo come beni di consumo o investimento. Sabahi è titolare di corsi di master per conto del Ministero alla Cultura della Repubblica dell'Iran. È consulente per il settore dei tessili orientali presso diversi musei di tutto il mondo; è membro permanente dell'Academic Committee dell'International Conference on Oriental Carpets (I.C.O.C.), la più prestigiosa organizzazione internazionale del settore. Ha fondato e promosso, in ambito italiano, l'Associazione Italiana di Mercanti di Tappeti Orientali (A.I.M.T.O.), che ha raccolto i più qualificati mercanti operanti nel campo dei tappeti e dei tessili. Nel 1984 ha fondato il Club Amatori di Tappeti Orientali (C.A.T.O.), per il quale ha organizzato in tutta Italia corsi di introduzione all'arte del tappeto. Dal 1990 è chiamato a far parte delle commissioni di concorso della CCIAA di Torino per la valutazione e ammissione dei periti per l'arte tessile orientale. È autore di numerose pubblicazioni, tra le quali Tappeti d'Oriente. Arte e Tradizione (Novara 1986); Splendeur du Tapis d'Orient (Paris 1987); Vaghireh. Modelli per la tessitura dei tappeti (Firenze 1987); Qashqai. Tappeti tribali persiani (Novara 1989); Grande Enciclopedia dell'Antiquariato, vol. X (Novara 1989); Kilim. Tappeti piani del Caucaso (Novara 1990); ABC del tappeto orientale (Novara 1991); Orientteppisch, Band V. Kelims, Kaukasische Flachgewerbe (Augsburg 1992); La Via delle Spezie, in Aromatica (Torino 1994); Tappeti orientali. Manutenzione e restauro (Torino 1999); Cinque secoli di tappeti a Kerman (Torino 2005); L'arte
del tappeto d'Oriente (Milano 2007). Nel 2007 ha contribuito per il settore dei tappeti e tessili persiani alla stesura della voce Tappeti e kilim della Grande Enciclopedia Iranica. Ha curato mostre sul tema dei tappeti e tessili orientali, con i rispettivi cataloghi. Tra queste: "Cavalieri d'Oriente. Coperte da sella e da cavallo" (Milano 1991); "Sumakh. Tappeti piani a trama avvolta" (Torino e altre sedi, 1992); "Samarkanda, Tappeti della Via della Seta" (Bergamo, Vicenza, Verona, 1995); "Tülü, Tappeti a pelo lungo dell'Anatolia centrale" (1997); "Cina. Antichi tappeti dal Celeste Impero" (1998); "Tibet" (2001). Nel 1993 ha ideato "Ghereh, International Carpet & Textile Review", una rivista internazionale dedicata all'arte del tappeto e dei tessili (www.ghereh.org). Nel 2008 ha compiuto studi per conto del Ministero alla Cultura dell'Iran sul raro esemplare di tappeto di caccia conservato al Museo Poldi Pezzoli di Milano.
Curato dall'enologa Serena Sutcliffe, Direttore dell'International Wine Department di Sotheby's, insieme ad esperti di fama internazionale come lo storico Jean-Pierre Devroey, i giornalisti e autori Leslie Geddes-Brown e Federico Simonti, il progetto si delinea come un affascinante viaggio nel tempo, una storia di qualità ed eccellenza, bellezza e prestigio, lusso e artigianalità, che accosta venti straordinarie annate di champagnes Perrier-Jouët all'heritage estetico-culturale.

Le venti annate selezionate - dal 1825 al 2002 -, testimoni "liquide" di duecento anni di storia della Maison, sono state degustate e raccontate da dieci wine guru di fama mondiale.


A ogni annata corrisponde un capitolo introdotto dalle immagini della fotografa giapponese Makiko Takehara che ha interpretato e filtrato, attraverso la propria sensibilità artistica, il sapore di ogni vintage, narrandone l'identità, svelandone il temperamento, trasmettendone l'emozione.
Le sezioni del volume miscelano vini e colori, intrecciano suggestive immagini di eleganza e purezza: una sapiente e scenografica consonanza estetica fra storia e vintage, arte e champagne; ad ogni epoca corrisponde una personalissima icona, che a seconda dell'annata può riferirsi ad un autore, un movimento o una tendenza più rappresentativa del mondo dell'arte, della fotografia, del cinema, della moda.

Il libro consente un'immersione nello spirito dell'epoca di volta in volta affrontata, non solo attraverso parallelismi tra i movimenti artistici del tempo, ma con particolare attenzione all'universo femminile e focus di approfondimento sulla storia della Maison.
Le venti annate analizzate sono: 1825, 1846, 1858, 1874, 1892, 1906, 1911, 1928, 1952, 1955, 1959, 1964, 1971, 1975, 1976, 1982, 1985, 1995, 1996, 2002.

Dichiara Makiko Takehara: "Perrier-Jouët è l'unica Maison che ha saputo coniugare in modo eccellente l'arte di fare lo champagne con la creazione artistica. Fin dalle sue origini, la sua storia è un esempio straordinario della sua elevata vocazione artistica".
Inviato speciale de "Il Messaggero" e titolare per molti anni della rubrica La pagina nera su "Art e Dossier", Fabio Isman si occupa dal 1980 prevalentemente di beni culturali. Il suo volume illustra quella che l'autore definisce "la Grande Razzia", 30 anni di saccheggio sistematico del nostro patrimonio archeologico, perpetrato nonostante gli sforzi del nucleo Carabinieri incaricato del recupero delle opere d'arte e dei magistrati che devono operare in un quadro legislativo per nulla edificante.
Basandosi su interviste e documenti giudiziari, Isman ricostruisce, come mai era stato fatto, la massima devastazione d'arte e cultura che abbia colpito un Paese occidentale nell'ultimo secolo.

I predatori hanno scavato, esportato e messo sul mercato nero milioni d'oggetti, tra cui capolavori senza eguali o simili in nessuna collezione o museo. «Anche frantumandoli di proposito per accrescerne il valore -scrive Isman- Perché se un museo possiede parte di un vaso, pagherà tantissimo per avere anche gli altri frammenti». Gli oggetti trafugati superano di gran lunga quelli ritrovati: in 40 anni, i Carabinieri ne hanno recuperati 800 mila, monete comprese, un rapporto di 40 a 1.
E forse nessuno pagherà per questo.

Perché il reperto non solo rende, perfino più della droga, ma comporta meno rischi. Nessun cane fiuta l'oggetto antico negli aeroporti, l'overdose di reperti non causa la morte, lo spaccio archeologico è più discreto, quindi più sicuro. E che dire dei guadagni? Un pezzo ben piazzato può centuplicare il suo valore. Chi smercia archeologia rischia pochissimo. «Al massimo dice il Pm Ferri- si fa una passeggiata in carcere; ma poi esce alla svelta». Per una condanna occorre tanto di quel tempo, che i reati dei predatori, il più delle volte, raggiungono felicemente l'estinzione.

Fabio Isman
I Predatori dell'arte perduta. Il saccheggio dell'archeologia in Italia
prefazione di Giuseppe De Rita .
Lo stato dell'arte della legge Ronchey a 15 anni dalla sua formulazione. E tanti interrogativi. Uno tra tutti: come modernizzare la gestione dei Beni Culturali? La crisi è il segno distintivo della quotidianità, e ha investito anche questo settore. Musei da ristrutturare, soprintendenze da riorganizzare, nuovi modelli di offerta culturale da proporre con l'indispensabile collaborazione tra pubblico e privato. Anche quest'ultimo rapporto da ripensare, con l'augurio che pubblico e privato non si indeboliscano vicendevolmente.

Punto e a capo offre un quadro aggiornato sugli sviluppi della gestione e valorizzazione dei Beni Culturali, fornendo molti suggerimenti per superare l'impasse normativo-legislativa cui si è arrivati negli ultimi anni: una giungla di norme, certamente in misura superiore alle reali necessità.
L'evoluzione del consumo culturale è alla base di una necessaria e urgente modernizzazione dell'offerta e dei servizi culturali. Per questo, come si evince dal titolo, il libro nasce dall'esigenza di affermare la necessità di una nuova stagione di avanguardia per i Beni Culturali del nostro paese, capace di elaborare modelli di gestione in grado di rispondere ad un mercato esigente, veloce ed effimero.

Il libro si conclude con utilissime voci di abbecedario per i musei che forniscono, con immediatezza e facilità di consultazione, un'efficace sintesi su singoli aspetti e problematiche, quali la tutela, i servizi aggiuntivi, le concessioni, l'editoria, le mostre, solo per portare ad esempio qualche lemma.

In Politiche e poietiche per l'arte (Milano, Electa, 2002) l'autrice Rosanna Cappelli, alla luce della propria esperienza quale direttore del settore Musei e Beni Culturali di Electa, aveva già analizzato, anche attraverso vari case-history, gli sviluppi normativi e politici che alimentavano il dibattito sui temi della gestione e della valorizzazione del patrimonio culturale nazionale a partire dall'applicazione della legge Ronchey, poi recepita senza modificazioni d'ordine sostanziale dal Codice dei Beni Culturali.
Si intitola «Antipasti e Contorni» la quarta monografia della collana di Editoriale Domus «Il Cucchiaio d'Argento», proprio come il più famoso e autorevole libro di cucina della casa editrice milanese. 
Dopo i titoli dedicati ai Primi Piatti, ai Secondi Piatti e ai Dolci, il nuovo volume con 730 ricette riccamente illustrate da 380 immagini, mette a fuoco l'invitante e variegato mondo degli antipasti e offre una sana e gustosa carrellata di tutte le verdure e i legumi dei nostri orti.

È un ruolo importante quello dell'antipasto, che deve piacere a prima vista, avere un gusto preciso per stimolare immediatamente e istillare il desiderio anche per il resto del pranzo che seguirà. 
«Antipasti e Contorni» dedica oltre 160 ricette agli antipasti caldi e freddi in un crescendo di temperature e di sapori che inducono a provare "questo e quello".  Si va dal salato al piccante, dall'agrodolce all'affumicato, allo speziato, passando dai canapé alle barchette, da un bocconcino a un bigné, dal puro e semplice gusto di una bruschetta a quello più complesso di uno spiedino multigusto, da una soffice crêpe a una più segreta crocchetta.  Con gli aperitivi giusti e le indicazioni su come organizzare il buffet.
Nelle pagine di questo nutritissimo volume, tuttavia, c'è molto di più da assaggiare.  Sono le delizie del grande orto italiano a cui ll Cucchiaio d'Argento dedica l'ampia sezione Contorni di vegetali, cereali e legumi.  Si tratta dei sapori e delle fragranze di lattuga e scarola, belga e radicchio, carote e finocchi o, ancora, cardi e asparagi e così via.  Verdure golose, da cotte come da crude, tutte da portare in tavola abbinandole a carni e pesci.  Numerose anche le ricette che riportano sulla nostra tavola i legumi, che da trent'anni a questa parte sembrano addirittura scomparsi e che oggi, invece, si ripropongono con abbinamenti mai immaginati in passato: come fagioli e caviale, ceci e gamberi o piselli e avocado.

Ma spunti interessanti giungono anche da oltreconfine, dalla nuova e vecchia Europa, dalle coste del Mediterraneo, dal vicino e lontano Oriente fino agli States e Sud America.  Oltre 100 ricette offrono un'ampia carrellata di sapori dal mondo: dalle burrose patate al gratin della Francia alle tortillas spagnole, dal sapore del "crudo" in Giappone al sentore delle piccanti salse speziate di cui è ricca l'India.

Questa importante iniziativa editoriale nasce sull'onda del successo che, dal 1950 ad oggi, ha premiato il Cucchiaio d'Argento con oltre due milioni di copie vendute in Italia e più di un milione nel mondo.  Giunta all'ottava edizione e continuamente aggiornata, l'opera curata da Clelia d'Onofrio oggi vanta una Banca Dati che conta oltre 6.500 ricette e ha nel tempo conquistato la fama di "bibbia" culinaria.
Il Cammino di Santiago affonda le sue radici nel Medio Evo ed è legato al culto delle reliquie di san Giacomo, il santo "matamoros", che avrebbe salvato l'Europa cristiana dall'invasione musulmana.
Oggi quello di Santiago è un pellegrinaggio spirituale di grande intensità e suggestione, scelto da giovani e adulti desiderosi di vivere un'esperienza che abbina la dimensione della ricerca interiore a un rapporto profondo e diretto con la natura.
La vetta del Kailash spicca tra tutte le cime tibetane e himalayane per la sua fulgida bellezza, ma soprattttutto per la sua importanza per la religione e la stessa sopravvivenza del popolo tibetano.
Ce lo racconta l'autore, che ha compiuto a piedi il pellegrinaggio - periplo della montagna come i tibetani fanno orami da centinaia d'anni, un racconto tra le gioie di una spiritualità unica al mondo e i dolori dell'imperialismo cinese, che mira a demolire e a inglobare queste terre e genti affascinanti.
Il medioriente contro è quello che incontriamo in questo primo fumetto, creato da quattro creativi libanesi.
Samandal è scritto in arabo, inglese e francese ed è aperto a contributi da ogni parte del mondo. Un modo nuovo per abbattere le barriere culturali e conoscere davvero la cultura e le culture del mondo. Si trova nelle librerie di Beirut, Berlino, Londra e New York

www.samandal.org
Siamo a metà del xvi secolo, e nell'Europa tramortita dai venti della protesta luterana fa la sua comparsa l'elefante Salomone, giunto dall'India a stupire le folle ma che adesso, a Lisbona, non fa che «mangiare e dormire».

Sembra una presenza inutile, quand'ecco che João III, sovrano del Portogallo e dell'Algarve, e sua moglie Caterina d'Austria decidono di inviarlo in dono all'arciduca Massimiliano, proprio ora che si trova a Valladolid in quanto reggente di Spagna.
Il regalo viene accettato, e così si procede a organizzare la carovana che dovrà accompagnare il portentoso quadrupede e il suo cornac Subhro prima da Lisbona al confine con la Spagna, e poi da Valladolid fino a Vienna, passando per Genova, Verona, Padova e Innsbruck.
Il romanzo è quindi il racconto di questo viaggio, di questa variopinta comitiva di ufficiali, soldati, servitori, preti, cavalli e buoi che, in mezzo a molte difficoltà e tra ali di gente entusiasta, ha il compito di scortare il prezioso dono fino a Vienna, dove l'elefante sarà artefice di un «miracolo» squisitamente umano.
Un libro corale, ironico e delicato, che coinvolge il lettore in prima persona, gettandolo, attraverso la forza visionaria della scrittura, nei meandri della Storia in cui tutti siamo immersi.

www.einaudi.it.
"Voglio dirti" è un romanzo che parla alle donne, mentre ammicca ai maschietti.

Che ti fa sentire un gallo dove ti riconosci nel protagonista e un fallito dove non puoi che ammettere che lui la sa più lunga. Parla di due persone non comuni, ma immediatamente riconoscibili come archetipi di uno stile di vita, ancora prima che come personaggi. La loro è una battaglia già combattuta, in abiti meno eleganti ma più appropriati.

E nel suo cercare di vivere un amore impossibile emerge tutta la goffaggine del businessman "de noantri". Non è un intrigo finanziario a porre fine al sogno, ma lo stesso gettarsi di una coppia in un'illusione che, in quanto tale, non potrà che rimanere irraccontata, e quindi dissolversi ancor prima di esistere sulla carta.
L'autore prova a esprimere tutta la sua fiducia nella parola, ma ogni tentativo è sublimato da un senso di realtà, che lo riporta ad ammettere con spietata onestà che non tutti vissero felici e contenti.
Anzi, probabilmente nessuno. Solo il finale lascia aperto uno spiffero di speranza. Ma non è che un'effimera indulgenza verso il lettore ingenuo. O, direbbe quello più maligno, una strizzata d'occhio all'editore.
Napoli 1931. Le stagioni si susseguono incuranti del sangue e della morte e la città si prepara ad affrontare il caldo torrido dell'estate.

Luigi Alfredo Ricciardi, Commissario in forza alla Regia Questura di Napoli, affronta un nuovo caso di omicidio insieme all'inseparabile Brigadiere Maione. Ricciardi è un commissario fuori dal comune, un solitario, uno che non ama eseguire gli ordini che gli vengono impartiti e di solito fa di testa sua.
Non è ben visto dalla gerarchia fascista che lo controlla a distanza ma lo lascia lavorare, perché stranamente i casi li risolve tutti… In molti cominciano a sospettare che Ricciardi abbia un segreto, si dice parli direttamente con il Diavolo. In realtà Ricciardi si limita ad ascoltare le ultime parole dei morti, più che un dono, una condanna.

L'estate del commissario Ricciardi vedrà la morte della bellissima duchessa di Camparino, una donna misteriosa dalla chiacchierata vita notturna. Anche stavolta saranno le ultime parole pronunciate dalla vittima a far partire l'indagine che condurrà il commissario, e noi lettori insieme a lui, a scoprire una Napoli riarsa e poco conosciuta, abitata da personaggi inquietanti che tenteranno di ostacolare il suo lavoro.
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