sabato 20 aprile 2024
 
 

LIBIA - Fezzan, dove nasce la società moderna/1

Andrea mi scruta con occhi curiosi e inquieti. Non riesco a capire quale sia la sensazione che prevale. Sta lì alcuni secondi e poi «ma che ci vai a fare in Libia?». Non rispondo, accetto. Andrea sarà la trentesima persona che mi rivolge la stessa domanda e mi osserva con i medesimi occhi. Mi pare di essere la vittima sacrificale che la mia comunità offre in pasto al paranormale per rabbonire il futuro.

poco sarei partito per Tripoli e, da lì, giù fino al cuore del Fezzan, il Sahara libico. I giorni precedenti la partenza mi sono venuti in aiuto e mi hanno confessato che noi italiani siamo vittime di un tabù difficile da digerire: la Libia non la conosce nessuno. Quel poco che conosciamo è figlio della vergogna per una colonizzazione insensata che i giovani non ricordano per non sentirsi complici dei peccati paterni.
Ma al di là dei fatti storici (compresi i drammatici eventi degli anni '80 e '90 che hanno modificato i rapporti internazionali del Paese), la cultura nostrana si ferma ancora prima di aver arato il campo e gettato le sementi. Infilo in tasca l'edizione aggiornata (novembre 2007) di una guida turistica, che scoprirò essere piena di imprecisioni, e mi imbarco da Malpensa su un volo di linea della Lybian Airlines. La sera prima, con grande smarrimento, gli amici mi salutano con addii un po' mielosi. «Mica vado in Iraq!». Ma non c'è nulla da fare: gli stereotipi, soprattutto in Italia, fan fatica a morire.

Balek ha 42 anni, cinque figli e due mogli. Tuareg, abita a Ubari, rurale agglomerato di case a 180 chilometri da Sebha, la capitale del Fezzan e seconda città della Libia dopo Tripoli. È il capospedizione: uomo dal sorriso largo, silenzioso,...

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano al n.236-01/06/12 - Direttore responsabile: Luca Mantegazza
© Giv sas edizioni, Milano - P.i. 04841380969