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C’è da fidarsi dei tour operator italiani? Tra fallimenti e riaperture riflettiamoci insieme

LUGLIO 2012

Ma c’è da fidarsi davvero dei tour operator italiani? Tra fallimenti e riaperture, ristrutturazioni e cassa integrazione riflettiamoci insieme...

La domanda nasce spontanea, sia nei tanti viaggiatori che leggono continuamente (soprattutto in internet) di questo e quel fallimento, sia soprattutto in tutti i clienti rimasti "scottati" (e sono davvero decine di migliaia) dalle varie chiusure improvvise o meno degli ultimi anni: posso fidarmi dei tour operator italiani, soprattutto se hanno un marchio storico e famoso? Meglio prenotare in internet o in agenzia? Come fare a fidarsi e a non rischiare di perdere i propri soldi?

Vale la pena ricordare brevemente le chiusure degli ultimi anni, perché prese da sole forse dicono poco, ma messe rigorosamente in ordine di data danno davvero modo di riflettere, per il loro numero e per la loro importanza.

Il primo caso eclatante fu quello della Parmalat di quasi vent’anni fa (era il 1993), che portò con sé i quattro marchi che Tanzi e la figlia avevano pagato a caro prezzo pur di entrare nel business (o giochino che sia, dipende dai punti di vista) del turismo: Parmatour, Going, Chiariva, e il top della gamma Club Vacanze. Perso il primo marchio per strada per ovvi motivi (invendibile, in quanto troppo identificabile con la casa madre), gli altri proseguono ora l’attività tra alti e bassi, essendo stati venduti per pochi euro ad altri concorrenti.

Nel 1997 tocca a uno dei primi dieci tour operator italiani, la Ventana, caso reso tristemente famoso dai giornali anche per il sequestro di una sua dipendente da parte di un albergatore maldiviano che vantava crediti da centinaia di migliaia di...

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