Ella Maillart e una giovane compatriota svizzera, Anne-Marie Schwarzenbach, decidono di partire per l'Afghanistan al volante di una Ford, motore V8 a diciotto cavalli.
Le due donne vedono sfilare paesaggi sontuosi, inquietanti, raramente ospitali, e moschee, tombe, villaggi in abbandono, incrociano carovane, superano frontiere, visitano città sante.
Lungo il cammino avvengono incontri: altri europei che inseguono le proprie chimere, come la giovane avvocatessa francese e il marito alpinista in viaggio per l'Indocina in bicicletta. Capita loro di ammalarsi, di inviare articoli a quotidiani perché bisogna pur vivere, di smarrirsi e di dormire sotto le stelle con la macchina affondata nella sabbia. Si impensieriscono dinanzi allo spettacolo delle dighe idroelettriche innalzate nelle valli a nord del Bamiyan, valli custodite da secoli e forse dall'eternità da giganteschi buddha scolpiti nella montagna...
Nessun dubbio, La via crudele è un racconto perfetto poiché lo sguardo di chi legge osserva all'unisono con lo sguardo di chi scrive.