venerdì 29 marzo 2024
 
 

Turchia, alle pendici dell'Ararat in cerca dell'Arca di Noè

Dicembre 2014 - Nella gelida piana dell’Anatolia nord-orientale, laddove convergono gli attuali confini di Turchia, Armenia e Iran, si innalza imponente una montagna che vibra al suono di Ararat e che pur non rientrando tra le cime più alte, con i suoi 5.156 metri d’altezza, è unanimemente ritenuta una delle più inaccessibili al mondo.
Storicamente rilevante per i protagonisti che si sono susseguiti sul territorio – dal Regno di Urartu, acerrimo nemico degli assiri, ad Alessandro Magno che l’occupò durante la campagna per il dominio degli armeni, all’Impero Ottomano che l’assoggettò per ben tre secoli alla sua dominazione perpetrando, durante la Prima Guerra Mondiale, un genocidio mai riconosciuto nei confronti della popolazione armena – questa terra di confine è passata, nel 1921, sotto la giurisdizione turca.
Ed è questa regione remota e dissestata, pressoché sconosciuta ai turisti ma mai dimenticata dagli armeni che la sentono ancora come la propria terra, a suscitare il mio interesse. Un sito intriso di storia sviluppatosi sotto lo sguardo indulgente del luogo mitico in cui, secondo la Genesi, dopo quaranta giorni e quaranta notti di pioggia, approdò l’arca con cui Noè e la sua famiglia si salvarono dal castigo divino.
Dogubayazit, una cittadina sonnolenta dove la gente è ancora curiosa quando incrocia un forestiero, è il punto di partenza privilegiato per conoscere la montagna sacra che le si innalza davanti in tutta la sua onnipotenza. Decido di noleggiare un’auto per visitare la zona e a riprova del senso di ospitalità che contraddistingue i locali conosco un ragazzo, Ousmane, che mi presta il suo...

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