giovedì 16 maggio 2024
 
 
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Reportage di Viaggio

Novembre/Dicembre 2016 - In Australia non è la meta che conta, ma il viaggio in sé stesso (walkabout). E così che all’imbrunire  siamo per caso alla fattoria di Obawarra, a  Dongara; un comodo letto, una calda zuppa e un dolce casalingo. I proprietari Haydn e Judith ci accolgono con gioia. I loro programmi per domani porteranno al completo stravolgimento del viaggio: sveglia all’alba per la pesca alle aragoste e indicazioni dettagliate per raggiungere il Pilbara  su diversa strada.
Da Mullewa, cittadina-museo dell’outback  imbocchiamo il Butchers track per l’outback station di Wooleen (Murchison Settlement), a  solo 250 chilometri da Monkey Mia. Dune rosse, bassa vegetazione grigioverde, canguri ed emu ci accompagnano fino alla meta. Wooleen è una tenuta di 500.000 di proprietà di Brett ed Hellen Pollock. La loro scelta di vita è stata quella di interporre centinaia di chilometri tra loro e il primo centro abitato. Dalle formazioni rocciose di Bodra Hills Brett ci indica 360 gradi di orizzonte: la tenuta di Wooleen si estende ben oltre!  Prossima tappa è la Murchison Roadhouse, rifornimento di carburante, e si prosegue verso nord fino all’allevamento di Erong Station. Qui Sue e Chris Graham ci stanno aspettando: il tam tam dell’outback per avvisare dell’arrivo di un gruppo di viaggiatori è estremamente efficiente.  Domani arriveremo nel Pilbara ed il Karijini National Park con i suoi magnifici colori e le rigeneranti cascate ci regaleranno sensazioni magnifiche. Poco oltre il  Ningaloo Marine Park ci permetterà di esplorare una barriera corallina accessibile e colorata con tanto di squalo-balena! Prossima tappa la regione del Kimberley.

Coral Coast:I viaggi di Gulliver
Dune di oltre 30 metri, si spostano al mutar delle maree e migliaia di aghi pietrificati che vanno da pochi centimetri a diversi metri di altezza. Questo è il Nambung National Park ma la mia corsa lungo la North West Coastal Highway mi porta a Cape Cuvier ove assisterò ad uno spettacolo raro ed  affascinate: squali e balene che insieme divorano grandi banchi di pesce!. Poi una sosta nell’ arcipelago di Houtman Abrolhos e quanto resta del relitto del Batavia e di altri 18 relitti, la storia del’ isola dei fantasmi urlanti. A Monkey Mia ci sono i delfini ma, io, mi rifugio a Steep Point raggiunto a fatica tra sabbie, dune ed un faro abbandonato. Per mangiare pesco e non saprò mai cosa ha tranciato il terminale d’ acciaio della lenza. Notti sotto le stelle e grandi pinne che sorgono dal mare incendiato dalla luna piena. Jonathan Swift si ispirò a queste zone ed al diario dell'unico superstite dell'Antelope  (1699) per scrivere il suo romanzo più famoso... I viaggi di Gulliver.

Kimberley: Geronimo!
Kate Dave l’avvenente ranger di El Questro mi aveva avvisato che il Mitchell Plateau è un affare serio dopo le piogge!. La pista per Kalumburo è per me un argomento abituale, sabbia rossa, terra rossa e poco 4wd tutto sommato. Poi tutto cambia: già l’attraversamento del Carson River mi è costato un’oretta ma, poi, mi ritrovo a superare una foresta ove le piste si intrecciano come serpenti e non vi è una indicazione mango a pagarla. Fatico ma non demordo e quando inizio a rilassarmi mi ritrovo di fronte ad una salita incredibile con la pista simile ad un sentiero di montagna , fangosa e  con uno strapiombo da vertigine a lato. O si sale o si torna indietro. “Geronimo!!”: l’urlo sorge naturale dalla mia gola mentre parto in quarta e quando il motore non ci riesce più passo alla marcia più bassa, l’ultima risorsa. La mia compagna quasi delira nel maledirmi ma per fortuna ne siamo fuori. Ora e solo fuoristrada serio, enormi burroni e quanto altro. Dopo 7 ore mi sto godendo le acque delle cascate del favoloso Mitchell Plateau e guardo con rammarico le belle spiagge impraticabili, visti i coccodrilli che mi osservano interessati.
 
Roberto Chiesa

 

Settembre 2016 - Meta perfetta per una vacanza a fine settembre, l’isola di Minorca è l’ideale per chi cerca una soluzione europea al caldo, evitando l’affollamento di agosto.
 
Minorca spazia dalle calette accessibili solo in barca alle spiagge attrezzate per tutta la famiglia, dagli edifici in stile inglese alla produzione di artigiano locale, dal concedersi una siesta post-sangria al cimentarsi con trekking, adattandosi così alle esigenze di giovani e di coppie con prole al seguito. E’ durante l’età del Bronzo che ha inizio l’eclettica storia di quest’isola, passando dai Fenici, ai Cartaginesi, ai Romani, ai Mori, agli Aragonesi, ed agli Inglesi. Le varie epoche storiche influenzano lo sviluppo e l’architettura di Minorca, dove ad oggi sono ancora visibili  Navetas ed esempi di architettura anglosassone e catalano-gotica.
 
8 ragioni per non perderla a settembre
 
1. Spiagge. Adatte a tutti i gusti, si presentano sabbiose sul lato Sud e rocciose sul lato Nord.  Da non perdere a sud, la località di Son Bou, il cui accesso al mare si presenta come una lunga distesa sabbia fina adatta ai più piccoli. Le imperdibili Macarella e Macarelleta sono situate a loro volta sulla costa meridionale, a loro volta di sabbia fina ed attrezzate con lettini ed ombrelloni. Sul fronte settentrionale consigliamo Cala Pregonda, la cui argilla rossa premette anche dei trattamenti naturali in loco.
 
2. Storia. Minorca è la meta ideale per poter acculturarsi senza rinunciare al mare. La capitale è Mahon, Maò in catalano, che  sfoggia una naturale insenatura permettendo la creazione del porto e dell’attività marittima. Cittadella, Ciutadella in catalano , classico esempio di architettura catalana, è ubicata sul lato opposto dell’isola, ad ovest, e si affaccia a sua volta su un porto turistico che la sera si trasforma in luogo di ritrovo. 
 
3. Natura. L’isola è perfetta per gli amanti della natura grazie alla proclamazione da parte dell’Unesco a Riserva della Biosfera nel 1993. Per gli appassionati di trekking di tutti i livelli è possibile intraprendere il Cammino dei Cavalli, o Cami de Cavalls, vale a dire un sentiero percorribile a piedi o cavallo di 185 km  intorno dell’isola stessa
 
4. Voli low cost  e traghetto. Le isole Baleari sono una destinazione perfetta anche in termini logistici. Minorca è raggiungibile dai principali aeroporti italiani anche grazie alle note compagnie low cost. Per chi invece viaggia in auto dalla costa sud della Spagna, è possibile raggiungere l’isola tramite traghetto da Barcellona o dalla vicina Maiorca.
 
5. Enogastronomia. La cucina minorchina sfrutta appieno la sua posizione geografica ed ovviamente il pesce ne fa da padrone. Tra i piatti che consigliamo di assaggiare vi è  la celeberrima Caldereta de Longosta, zuppa di aragosta locale. Dolce tipico è l’Ensaimada, pasta dolce a forma di spirale ripieno di marmellata di zucca o di crema pasticcera. Bevanda tipica dell’isola è invece il Gin Xoriguer, conosciuto come Gin, in ricordo dell’epoca inglese, le cui fabbriche locali  ne propongono la degustazione. Durante le feste estive viene proposto con succo di limone, e chiamato Pomada.
 
6. Immersioni in Europa. Paradiso per i sub europei, permette agli amanti delle immersioni di restare vicino a casa senza rinunciare al fascino degli abissi; la fauna sottomarina è apprezzabile grazie alla tutela paesaggistica per mantenere intatto il patrimonio naturalistico. Ad attendere i sub vi saranno banchi di dentici, cernie ed anche polpi, murene, ed aragoste. Si consiglia il fondale di La Llosa, a nord dell’isola e Cala Violeta, che con il relitto di un’imbarcazione affondata propone uno spettacolo suggestivo anche per i subacquei meno esperti. Centri di immersioni facilmente reperibili nei principali lidi balneari.
 
7. Artigianato locale. Sull’isola sono presenti molte realtà che continuano a produrre artigianato locale, e che incontrano il visitatore sia in fiere di paese sia all’interno delle proprie fabbriche. Famosa per il cuoio, è possibile acquistare articoli di pellame personalizzate o le tipiche Avarcas. Queste calzature possono esser create secondo i desideri dell’acquirente, che potrà sceglierne lo stile.
 
8. Alloggi. Sull’isola sono molto competitivi i prezzi riservati a soluzioni chiamate ApartHotel, ovvero appartamentini situati all’interno di grandi complessi turistici provvisti di piscine, punti ristoro, spazio animazione e minimarket. Normalmente la direzione di questi alloggi lascia all’ospite la piena gestione del proprio tempo libero e dell’organizzazione dei pasti, permettendo di passare da giornate di All Inclusive a bordo piscina,  a giornate di totale autonomia dedicate ad escursioni di diverse ore.

Sara Danelli 

Luglio/Agosto 2016 - Che voi siate sommozzatori appassionati o no, amanti dell'arte o meno, non potrete perdere l'esperienza di tuffarvi nelle cristalline acque che bagnano le coste del Mexico, nuotando tra pesci colorati e centinaia di sculture collocate sul fondo del mare tra Isla Mujeres e Punta Nizuc.
Ci troviamo infatti a nord della Penisola dello Yucatan presso il Museo Subacuatico de Arte (MUSA) nato nel 2009  e fondato da Jaime González Cano, direttore del Parco Nazionale Marino, Roberto Díaz Abramo, allora Presidente del Cancun Nautical Association e dallo scultore inglese Jason deCaires Taylor.
Il parco marino è composto da oltre 500 sculture a grandezza naturale rappresentanti donne, uomini, bambini di differenti età ed etnie; è una  delle più grandi ed ambiziose attrazioni  subacquee di arte contemporanea del mondo.
Il Museo si propone di dimostrare l'interazione tra arte e scienze ambientali. Tutte le sculture sono fissate al fondo del mare e realizzate con materiali speciali utilizzati per promuovere la vita del corallo occupando  una superficie di oltre 420sq metri di substrato sterile per un peso di oltre 200 tonnellate.
Il Cancun-Isla Mujeres Marine Park è uno dei fondali più visitati del mondo, con oltre 750.000 visitatori ogni anno e, negli ultimi anni ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Un’esperienza unica da vivere durante il vostro soggiorno a Cancun.
Il Mexico è un paese benedetto per la sua bellezza e varietà di paesaggi. Due oceani, Atlantico e Pacifico che, bagnando le sue coste contribuiscono a determinarne il clima; architettura preispanica, coloniale e moderna ed una gastronomia catalogata come una delle migliori al mondo. In poche parole, come direbbero gli stessi fieri abitanti del posto: “Mexico tiene todo”.
Solo quarant’anni fa, Cancun non era altro che una lingua di sabbia lungo la costa caraibica del Paese. Negli anni ’70, il governo locale  vide il potenziale di quest’area dalle scintillanti acque cristalline e dalle frizzanti spiagge di sabbia bianca fino a quel tempo inesplorate dopo il declino dell’Impero Maya intorno al ’13 secolo. Oggi Cancun è una rinomata località turistica e “la porta d’ingresso” al Mondo Maya: splendide spiagge di acque cristalline, eleganti hotels,  insolita fauna , città coloniali e le immancabili rovine Maya che faranno da contorno alla vostra vacanza.  
La Penisola dello Yucatan è uno degli angoli più affascinanti e ricchi di storia del Paese, situata tra il Golfo del Messico ed il Mar dei Caraibi. Il suo patrimonio storico e la sua bellezza naturalistica, fanno dello Yucatan uno dei principali destini turistici del Messico e del mondo, accogliendo ogni anno migliaia di viaggiatori.
Ospita una delle sette meraviglie del Mondo, Chichen Itza , sito archeologico considerato tra i più importanti e simbolo di una delle più antiche civiltà, i Maya, famosi per le loro conoscenze in campo astronomico,  architettonico e matematico. Il sito di Chichén Itzá è stato dichiarato patrimonio dell'Umanità e le sue rovine (tra cui la famosa piramide di Kukulkan), si estendono su una superficie di circa 3km.
Sapreste identificare la piramide più alta della Penisola dello Yucatan? Il sito archeologico di Coba, nel cuore della Jungla Maya e meglio conosciuta come “Nohoch Muul”, che in lingua Maya vuol dire proprio “il punto piú alto”. 
A soli 30 miglia da Chichen Itza, è possibile raggiungere l’Acropoli di Ek Balam sito Yucateco del giaguaro nero e Rio Lagartos Biosphere Resereve dove si potranno ammirare numerose specie animali esotiche, tra le quali i fenicotteri rosa.
Seguendo le indelebili tracce delle colonizzazioni spagnola e francese, che hanno lasciato a questa terra una ricchezza ancora viva nell’architettura, si potranno incontrare le città coloniali di Merida (capitale dello Stato federale dello Yucatan), costruita sulle rovine di una località Maya dal nome abbreviato T'Hó che in lingua maya significa "cinque colline". La via principale della città, Paseo Montejo, è influnzata da edifici in stile europeo seppur mantenendo il suo tipico charme coloniale.
Valladolid, grazioso centro coloniale fondato nel 1500 presto diventata una importante città religiosa con la Chiesa cattedrale di San Bernardino e il monastero; Uxmal , importante sito archeologico a circa 80 Km da Merida e proclamato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Uxmal, che nell'antica lingua maya significa "Tre volte ricostruita", fu fondata intorno al VI secolo d.C. e raggiunse il suo massimo sviluppo nel Periodo Classico della civiltà Maya, divenendo il principale centro cerimoniale della civiltà Puuc. Il sito di Uxmal presenta un ottimo stato di conservazione delle strutture e rappresenta un esempio di architettura Maya eguagliato in bellezza solo dal sito di Palenque. Lo stile Puuc è predominante e colpisce soprattutto la ricchezza e la eleganza delle decorazioni.
Campeche, è stata la sede dell'antica cultura Maya. Il loro avanzato sviluppo culturale e scientifico ha fatto dei Maya una delle più importanti culture pre-ispaniche dell'America Latina.
Non dimentichiamoci che la Penisola dello Yucatan, ospita anche una tra le mete turistiche più visitate al mondo, Tulum, che, grazie alla sua particolare posizione sulla costa ed a picco sul mare, volge il suo sguardo sul colore turchese del Mar dei Caraibi,  ha fatto si che fosse la prima città Maya ad essere avvistata dagli spagnoli nel 1517.
Non molto lontano, la Biosfera marina di Sian Kaan dichiarata Patrimonio dell’UNESCO nel 1976, habitat naturale di 385 specie di uccelli e 103 specie marine in pericolo di estinzione. A bordo di piccole imbarcazioni che navigando lentamente tra le mangrovie, vi porteranno a contatto con la natura e gli animali che popolano la laguna tra i quali: delfini, tartarughe, mante, stelle marine che potranno essere ammirati più da vicino durante le immersioni.
Il posto ideale per chi vuole rilassarsi, svuotare la mente e stare è contatto con la natura è certamente l’isola di Holbox. Siamo sempre a nord della penisola dello Yucatan, dove il mar dei Caraibi incontra il Golfo del Messico.
Su questa piccola isola il tempo sembra si sia fermato e le giornate sono scandite dalla luce del sole; non ci sono auto e nemmeno strade asfaltate. Basterà portare con sé un costume da bagno, infradito e l’immancabile crema solare protettiva per godere di spiagge bianche, mare cristallino  e lagune naturali che circondano l’isola. Famosa tra gli appassionati di pesca e molto apprezzata dagli amanti delle immersioni grazie al fatto che, durante il periodo estivo, le sue coste sono frequentate da squali balena; giganti del mare totalmente innocui con i quali è possibile interagire facendo snorkeling. Un vero paradiso incontaminato.
Da Nord a Sud la Penisola dello Yucatan offre paesaggi mozzafiato che si fondono tra il colore turchese del mare ed il lussureggiante verde della Jungla. Se vorrete rifarvi davvero gli occhi, non mancate di visitare la “laguna dai sette colori”, la laguna di Bacalar.

Cinzia Giannotto
 

Giugno 2016 - Volete sognare ad occhi aperti tra mare e natura? Allora il viaggio che fa per voi è a Guadalupa, un’isola delle Antille Francesi, ricoperta da una natura selvaggia, che si alterna a spiagge bianchissime bagnate da acque trasparenti. Se guardate su google maps, Guadalupa dall'alto sembra una farfalla verde, adagiata tra l’oceano atlantico e il mar dei Caraibi.
Due sono le isole principali, collegate tra di loro da un ponte.

L’isola orientale è la Grande-Terre, una distesa pianeggiante di coltivazioni di canna da zucchero e spiagge da sogno, che si estendono fino al promontorio roccioso di Pointe des Châteaux. L’isola occidentale invece si chiama Basse-Terre ed è più selvaggia, con sentieri che si perdono nella foresta pluviale tropicale. Anche le isole vicino Guadalupa sono affascinanti: parliamo di Les Saintes, Désirade e Marie Galante. Se avete un po’ di tempo fateci un giro!

Guadalupa è il posto ideale per chi, come me, ha bisogno di prendersi una pausa dal lavoro e vuole rilassarsi in un posto da cartolina.

Appena atterrata a Pointe-à-Pitre, sono stata invasa da una vera e propria esplosione di colori! Con dieci giorni a disposizione ho deciso di noleggiare un auto, sicuramente il modo migliore per visitare l’isola. Le strade in Guadalupa sono tutte un “saliscendi”, ma in auto potete muovervi in modo indipendente e con i vostri tempi.

Il mio viaggio inizia alla Grande-Terre, chiamata anche Piccola Bretagna delle Antille, una pianura calcarea adibita alla coltivazione della canna da zucchero.

Alla Grande-Terre è possibile visitare bianchissime spiagge bagnate dal mare cristallino, ma anche fare diverse escursioni sia in natura sia in città. Saint-François ad esempio è una cittadina meravigliosa. Se riuscite fate un giro nel piccolo mercatino, oltre alla frutta e alle spezie, potrete trovare specialità culinarie come il bokit, una specie di panino fritto con pesce (ma potete trovarlo anche farcito con carne o verdure).

Se non avete mai assaggiato la cucina locale, dovete provare alcune specialità della tradizione creola. Un esempio? Tutti i piatti a base di pesce alla griglia e granchi farciti. E non dimenticate di assaggiare le accras, le frittelle di verdure oppure di pesce tipiche dell’isola.

Uno dei posti dove ho lasciato il cuore in questa terra è sicuramente il sito naturale di Pointe-des-Chateaux, all’estremo dell’isola, con i suoi sentieri immersi nella natura, e il mare reso così vivo dalla mancata vicinanza della barriera.

Ho fatto le più belle fotografie della Grande-Terre alla Pointe de la Grande Vigie con le scogliere di Porte de l’Enfer a strapiombo sul mare, uno dei punti panoramici più interessanti in grado di lasciarvi senza fiato!

Se vi trovate nei paraggi passate alla distilleria Damoiseau per degustare uno dei migliori rum di Guadalupa!

Le spiagge più belle invece si trovano verso la costa sud. Tra tutte vi consiglio la Plage de la Caravelle, una spiaggia da sogno con sabbia bianchissima dove non mancano le palme da cocco e le iguane! La Plage des Raisins Clairs, dove farsi un bagno e mangiare un buonissimo Flan De Coco. E ancora la Plage de Gosie, dove si può raggiungere in barca la piccola isola Gosier partendo dall’imbarcadero. Se amate la vita notturna, vi consiglio di trascorrere un po’ del vostro tempo nella cittadina di Gosier dove non mancano discoteche, casinò e live bar.

Gli hotel sono uno più bello dell’altro ma potete dormire anche in splendide ville coloniali o semplici bungalow.

Una volta arrivati a Basse-Terre, il paesaggio cambia del tutto. Qui il contesto è meno turistico rispetto alla Grande-Terre. Lo sguardo si posa su montagne ricoperte dalla foresta pluviale tropicale e vaste piantagioni di banane. Su questa distesa selvaggia domina il vulcano Soufrière con i suoi  1467 m e lungo le sue pendici sgorgano numerose cascate. A questo proposito non perdetevi le bellissime cascate di Carbet in mezzo alla foresta. Per fare un’escursione dovete spostarvi sulle pendici est della Soufrière dove nasce il fiume Grand Carbet, che con i suoi tre salti forma la cascate più alte delle Piccole Antille.

Verso Pointe à Pitre si ritrova l’atmosfera creola delle città caraibica. Per vivere uno splendido scorcio della vita antillese vi consiglio di fare un giro al coloratissimo mercato a bordo mare in Place de la Victoire circondata da palmeti.

Questa zona di Guadalupa è un vero paradiso per gli appassionati di escursioni, trekking e canyoning.

Qui si possono visitare diverse distillerie di rum per vedere dal vivo come avviene la lavorazione della canna da zucchero, la relativa fermentazione e distillazione fatta ancora in modo tradizionale.

Anche a Basse-Terre non mancano le spiagge da sogno: ho fatto il bagno a Des Amandiers, Grande Anse e De Clugny situate tra Sainte-Rose e Deshaies. Se passate per Deshaies vi consiglio di fare una visita al bellissimo giardino botanico. pappagalloQuesta tappa è una visione per gli occhi: ho visto una miriade di fiori tropicali e di piante esotiche come orchidee, bouganville, ibischi, fiori del ginger, mango, papaya, cacao, bambù giganti, acacie e altro ancora! Per non parlare dei pappagalli che, abituati alla presenza dell’uomo, si avvicinano per richiedere da mangiare.

Merita una visita anche il parco archeologico Parc des Roches Gravées, di fronte  all’arcipelago Les Saintes, dove mi ha incuriosita la presenza delle rocce vulcaniche con incise alcune testimonianze degli Indiani Arawak che occupavano l’isola prima dei Caribe, amerindi del Sudamerica. Pensate che circa 2000 anni fa i Caribe hanno battezzato Guadalupa Karukera ovvero “isola dalle belle acque”. E dopo esserci stata, posso davvero confermarne il significato!

Per quanto riguarda le spiagge di Guadalupa, potrete trovare scenari come palmeti, acqua turchese e sabbia bianca in molti posti. Ma la spiaggia di Malendure si distingue come una vera chicca per chi ama fare immersioni e snorkelling. Questo è un luogo incantato dove ho visto centinaia di pesci, coralli, tartarughe, pesci pappagallo e cavallucci marini! Dopo aver visto il meglio della barriera corallina, il migliore dei modi per finire una giornata come questa è bere un Ti’ Punch al tramonto con vista mare!

Quello che mi ha stupito di questa terra è che le spiagge e le baie di Guadalupa offrono una vasta scelta per tutti i gusti. Alle tranquille lagune si alternano spiagge con onde giganti per la gioia di tutti i surfisti e i velisti. Il mare cristallino e la sabbia bianca invitano alla pratica delle attività nautiche, la foresta invoglia a esplorare la natura, la cultura vi porta alla scoperta delle tradizioni indigene e i sapori sorprendono con i deliziosi piatti della cucina locale. Insomma, la giusta miscela di ingredienti per vivere delle vacanze caraibiche da sogno.

Sabrina


 

Maggio 2016 - Rifugio privilegiato di alcune eminenti personalità del panorama politico, artistico e letterario internazionale, Hammamet è da anni una delle mete più gettonate e affascinanti della Tunisia.
La sua fama è legata al nome del milionario Gheorge Sebastian che giunse ad Hammamet e se ne innamorò al punto da ordinare la costruzione, protrattasi per tre anni, di una sontuosa dimora destinata ad accogliere amici e familiari. Ben presto il facoltoso rumeno venne emulato da vari amici che scelsero Hammamet come meta in cui edificare la residenza di villeggiatura e da lì a poco migliaia di vacanzieri iniziarono a invaderne le spiagge facendone il tempio del turismo e del divertimento tunisino.
Ciò nonostante Hammamet ha saputo conservare, nel tempo, il suo lato di autenticità. La Medina dalle mura perfettamente conservate che ospita souks ricchi di colori e di profumi, le pareti bianche delle case affacciate su vicoli strettissimi che fanno da contrappunto al blu intenso delle porte in stile arabeggiante, l’imponente Forte risalente al periodo moro che svetta sullo skyline di Hammamet, la passeggiata che costeggia i bastioni, la splendida spiaggia di arena finissima disseminata di barchette dei pescatori e le temperature decisamente gradevoli hanno fatto innamorare ben più di una persona oltre al sopracitato milionario rumeno.
E il fatto che molte di queste persone siano state delle grandi personalità artistiche credo si commenti da sé. Partendo dal pittore Paul Klee, ai primi del Novecento, abbagliato dalla luce e i colori di Hammamet che all’epoca era poco più di un villaggio di pescatori. E poi scrittori del calibro di Gustave Flaubert, Guy de Maupassant e Oscar Wilde, per citarne alcuni; il trentaquattresimo presidente americano Dwight Eisenhower; l’ex primo ministro inglese Winston Churchill che qui redasse una parte delle sue Memorie; l’attrice Sophia Loren e, tra gli altri, il noto Bettino Craxi, deceduto e sepolto nel cimitero di Hammamet. E sebbene la mia sia stata solo una toccata e fuga organizzata dall’Ente Nazionale Tunisino per il Turismo in collaborazione con Tunisair, riconosco che la sua atmosfera è davvero coinvolgente.
Vagabondare e perdermi per la Medina è stato l’abbellimento di una nota della sinfonia iniziata la mattina con la visita del Dar Sebastian, l’antica dimora di Gheorge Sebastian, iscritto dal 1999 nel Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Oggi lo splendido complesso residenziale immerso nel verde, ispirato tanto all’architettura locale quanto all’Art Déco, è di proprietà dello stato tunisino che ne ha fatto il Centro Culturale Internazionale di Hammamet, luogo di incontro privilegiato di artisti e intellettuali nazionali e internazionali.
Passeggiare per il sito archeologico di Pupput, situato in aperta campagna, appena fuori città, e gironzolare tra i suoi templi, le sue ville, i suoi bagni e le sue tombe, è un invito a un viaggio nel passato in cui immaginazione e suggestione avanzano di pari passo.
La presenza delle splendide spiagge bagnate dalle calde acque del Mediterraneo e solleticate dalla brezza marina non è altro che la ciliegina sulla torta. Assistere al tramonto dal Caffè Sidi Bou Hadid, il più famoso di Hammamet nonché uno dei più noti di tutta la nazione, sembra sia un’esperienza mistica. E rievocando i colori di cui si accende il cielo al momento del crepuscolo, non ho alcun dubbio che realmente possa essere così.
E nonostante i tristi episodi di cui è stata protagonista la Tunisia negli ultimi tempi, è davvero difficile resistere al fascino dell’Hammamet storica, culturale, ludica, così com’è difficile non trovare ispirazione dalla sua atmosfera rilassata e vivace al tempo stesso, con i colori del cielo e del mare che richiamano quelli della Medina e il profumo del couscous au poisson, piatto tipico della città, che invita a fermarsi, sedersi, mangiare e, perché no, dare libero sfogo alla creatività…

Diana Facile
 
 
 
 
 
 

Aprile 2016 - Fare il giro del mondo non è cosa da tutti. Farlo a bordo di una Ford Model T con oltre 100 anni sulle spalle è una sfida che tenterebbero in pochi. Ma è esattamente quella raccolta dagli olandesi Dirk e Trudy Regter. La coppia ha iniziato il proprio viaggio nell’estate del 2012, quando è partita da Edam, Olanda, per raggiungere Cape Town, Sud Africa. La prima tappa è durata 180 giorni, nel corso dei quali i Regter hanno percorso circa 22mila chilometri. Nel 2013 la Model T ha raggiunto gli Stati Uniti e il Canada, viaggiando attraverso 22 stati e percorrendo, sempre in 180 giorni, 28mila chilometri. Nel 2014 la meta è stata il Sud America, dove al contachilometri ne sono stati aggiunti altri 26mila.
 
La coppia, che a bordo della Model T ha viaggiato, a oggi, per oltre 80mila chilometri, ha dato il via a questa entusiasmante avventura nell’ambito di un’iniziativa filantropica a supporto dei progetti dell’agenzia no-profit SOS Children’s Village.
 
Nel 2016 e nel 2017 continueranno a viaggiare raggiungendo Nuova Zelanda, Australia, Indonesia, superando la catena dell’Himalaya per toccare Cina e Mongolia, prima di fare ritorno in Olanda attraversando l’Europa Centrale.
 
Viaggiare a bordo di un’auto centenaria, anche se leggendariamente affidabile come la Model T, richiede una meticolosa attenzione a ogni aspetto tecnico e meccanico, facilitata dalla semplicità del design di una tra le Ford più vintage assoluto che rende agevoli le operazioni di manutenzione e riparazione. Dirk e Trudy Regter, entrambi in pensione, hanno acquistato la ‘tin lizzie’ del 1915 nel 1997, dopo essere stati già proprietari di una Model T del 1923 e di una Model A del 1928. La passione per le Ford d’epoca è stata trasferita a Dirk da suo padre e da sua nonno.
 
“In Africa una delle ruote anteriori non ha retto alle sollecitazioni, ma siamo riusciti ad aggiustarla semplicemente facendola saldare da un fabbro”, ha spiegato Dirk Regter. “Per tutti gli altri interventi me la cavo più che bene con gli attrezzi, e per andare molto lontano basta qualche cacciavite, un martello, del nastro adesivo americano, qualche cinghia e delle fascette da elettricista”.
 La Ford Model T globetrotter, spinta da un motore a benzina di cilindrata 3.0, è completamente originale, con la sola eccezione degli pneumatici, un po’ più larghi per incrementare il comfort di guida su fondi irregolari e sulle lunghe distanze. Un treno di gomme dura circa 15mila chilometri su strade asfaltate, molto meno su superfici irregolari come le mulattiere sudamericane o gli sterrati africani.
 Una curiosità: “Al confine tra Sud Africa e Botswana abbiamo incontrato un agricoltore che aveva nel suo granaio una vecchia Model T, e ci ha regalato una gomma per la ruota di scorta per aiutarci nella nostra avventura”, ha concluso Dirk.
Un video-racconto del loro incredibile viaggio, che consigliamo a tutti di visionare, è disponibile qui: https://youtu.be/hhwVjJvEjAs.

F.M.

 
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