lunedì 29 aprile 2024
 
 
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Reportage di Viaggio

Settembre 2017 – Dopo essermi per la prima volta innamorata della  Grecia nel 2015 (http://www.ilgiornaledeiviaggi.it/reportage-di-viaggio-in-grecia-alla-ricerca-dellospitalita-mediterranea-veronica-elia.html), quest’anno ho deciso di ritornarvi per continuare la scoperta di questo incantevole paese dove cultura, cucina e bellezze paesaggistiche assumono infinite sfumature diverse in una cornice comune e sempre chiaramente riconoscibile, la Grecia.
A mia disposizione, ancora una volta, un mese da trascorrere in compagnia del popolo ellenico, ma ad essere onesti tracciare un itinerario è stato difficile: troppe le isole (ben 6000 compresi gli isolotti) tra cui scegliere, numerosi i luoghi di interesse culturale e infinite le spiagge su cui distendersi al sole.
Tuttavia, alla fine, il percorso prescelto ha incluso una breve tappa ad Atene, la visita della costa sudorientale di Creta, il soggiorno a Karpathos e la scoperta di Rodi, destinazioni che fra l’altro consiglio a coloro che praticano sport quali surf, windsurf e kitesurf per la forte presenza di vento e di strutture appositamente attrezzate.
Anche stavolta partenza da Milano in auto anche se abbiamo preferito raggiungere la Grecia non via terra ma imbarcandoci da Bari a Igoumenitsa da cui poi abbiamo proseguito la strada fino ad Atene.
Una volta giunti nella capitale greca abbiamo cercato una camera per la notte e ci siamo dunque sistemati in periferia. Il giorno seguente il nostro arrivo, pronto ad attenderci, un secondo traghetto per Creta, ma non prima di sera, quindi abbiamo avuto il tempo di trascorrere la giornata girando per la città. Lasciata l’auto vicino al Pireo, abbiamo preso la metropolitana fino alla fermata di Monastiraki, zona culturale e turistica da cui, dopo una bella passeggiata, ci siamo diretti verso l’Acropoli. Una visita stancante, tenendo conto delle elevate temperature del mese di luglio, ma al tempo stesso di fascino indescrivibile.
Impossibile per noi soffermarci più a lungo, il traghetto ci aspetta, così torniamo verso il porto.
Dopo un’altra notte trascorsa in nave, giungiamo ad Heraklion; l’impatto con Creta è esattamente come ricordavo: le vie affollate della città si diradano progressivamente a mano mano che si procede verso l’interno montagnoso dell’isola fino ad arrivare dove due anni fa non ero riuscita a “piantare la mia bandierina” , a Tsoutsouros, un piccolo villaggio di pescatori situato sempre nella provincia di Heraklion ma lungo la costa sud-est.
Questa volta, siccome i traghetti sono stati necessariamente prenotati in anticipo, non ci siamo sentiti di rischiare con gli alloggi, infatti, eccetto la sistemazione ad Atene, tutte le altre sono state selezionate prima della partenza. Così, una volta arrivati sull’isola natale di Zeus, ci siamo diretti verso il piccolo residence di Tsoutsouros.
Prima grande differenza tra la parte nord di Creta, precedentemente visitata e caratterizzata da un susseguirsi di località balneari, e la zona sud è il volto selvaggio di quest’ultima con strade strette e tortuose che, scendendo sul mare, terminano in numerose calette sul litorale.
A testimonianza della quasi totale estraneità del luogo al turismo, le facce degli abitanti incuriosite al nostro arrivo; tuttavia lo sviluppo di questa attività è evidente date le differenti strutture ricettive  e le svariate taverne affacciate sul mare, alcune delle quali in costruzione.
Lungo questo tratto di costa imperdibili le spiagge di Lendas, vasta distesa di sabbia frequentata anche da nudisti e naturisti, e Listis, piccola caletta incontaminata tra le rocce raggiungibile soltanto attraverso una ripida discesa praticabile a piedi; procedendo ad est si incontra Kamboula, un’isolata spiaggia di ciottoli ma di più facile accesso. Sempre nei dintorni e da non perdere la sabbiosa Kastri e Skouros, il cui nome deriva da una grande roccia sita nella parte più occidentale della spiaggia e dove potrete trovare una distesa di sabbia e sassolini con una fila di alberi che regala un po’ d’ombra nelle ore più calde della giornata.
Ma Creta, oltre al relax e al mare, offre la possibilità di visitare musei folcloristici e altri luoghi di interesse culturale come il Palazzo di Cnosso; non manca inoltre l’occasione per  organizzare escursioni naturalistiche per esempio nella profonda Gola di Samarià o sull’altopiano di Lashiti , dove nei pressi del villaggio di Psyhro si trova la Grotta di Diktéon o Grotta di Zeus. Qui, secondo la leggenda, la titanide Rea nascose  l’appena nato Zeus per proteggerlo dal padre Crono che era solito divorare i suoi figli. Questa vasta cavità naturale può essere raggiunta dopo circa quindici minuti di camminata in salita, percorribile anche a dorso di un asino. L’ingresso di 6 Euro permette di accedere ad una ripida scalinata che conduce nel cuore della grotta dove sarà possibile ammirare una superficie di 2200 metri quadrati caratterizzata da stalattiti e stalagminti
Dopo circa uan settimana dal nostro arrivo è giunto il momento di prendere un nuovo traghetto dal porto di Sitia con destinazione Karpathos. Il viaggio è stato questa volta un po’ più difficoltoso a causa del ritardo della nave e soprattutto del mare mosso, tuttavia la nostra avanzata procede inesorabile fino a Pigadia dove siamo accolti dalle luci delle taverne che illuminano indisturbate la notte. Ma non è qui che dobbiamo fermarci, la nostra meta è Arkasa, sul versante sud occidentale dell’isola.
L’indomani, senza perdere tempo, ci siamo messi in moto per scoprire nuove spiagge.  Su consiglio di un’amica decidiamo, nel corso della settimana, di visitarne più di una al giorno; ci sono le famose Apella Beach, Kyra Panagia  e Achata Beach sopra a Pigadia, raggiungibili fra l’altro anche grazie ad una navetta che, al costo di 10 Euro, conduce i tanti (forse anche troppi!) turisti in ognuna di esse nell’arco di un’unica giornata. Ma è soprattutto la costa ovest di Karpathos ad attirare la nostra attenzione con le spiagge di Lefkos, Agios Nikolaos e Agios Theodoros, la più affascinante di tutte insieme all’adiacente Araki. Queste due ultime spiagge sono una perla nascosta, si tratta di piccole insenature di ciottoli rossastri scavate nel litorale dove sono stati messi a disposizione pochi ombrelloni a modici prezzi e dove è possibile rilassarsi in tutta tranquillità al solo suono del mare.
Inevitabile una visita ad Olimpo, cittadina arroccata nell’entroterra dove originariamente le abitazioni erano costruite in pietra per passare inosservate durante eventuali attacchi nemici e famosa per i suoi mulini a vento.
Tuttavia, ancora una volta, è una meta meno turistica a conquistarci: Finiki, nei pressi di Arkasa. In questo villaggio edificato intorno ad un porticciolo abbiamo potuto pranzare nella terza migliore taverna dell’isola, Marina. Il ristorante ci ha offerto un’ottimo pescato del giorno, due orate scelte di persona direttamente in cucina, e un piacevole vino rosso locale, il tutto gustato con vista sul mare.
Ma ancor più caratteristica è stata la notte bianca di Finiki, organizzata a sostegno del cancro al seno, durante la quale, pagando solo 5 Euro a persona, è stato possibile consumare un illimitato numero di loukoumades, piccole frittelle dolci ricoperte di miele, e di bicchieri di raki, ma soprattutto in questo modo è stato possibile accedere al molo dove sono stati sistemati tavoli e sedie intorno ad un’improvvisata pista da ballo governata da musiche e danze tipiche greche. Sembrava di stare in un film!
Unico difetto dell’isola i prezzi forse un po’ più alti rispetto ad altre località greche: la benzina, i supermercati ed anche alcune taverne spesso si sono rivelati troppo cari, ovvimante bisogna tener conto delle difficoltà nel far arrivare determinati prodotti su un’isola relativamente piccola, tuttavia l’impressione generela è che a Karpathos il turismo di massa sia una recente novità e dunque spesso i commercianti ed i ristoratori cercano di ricavare il più possibile dai turisti anche se in questo modo il rischio è quello di allontanarli per il futuro. In ogni caso, facendo attenzione e ricercando servizi più spartani ma altrettanto validi è facile aggirare il problema.
Così, con il vento di Scarpanto ancora sulla pelle, si riparte, Rodi ci aspetta.
Anche l’arrivo sull’isola più grande del Dodecaneso è avvolto dalle ombre della sera, ma l’atmosfera turistica e la vita notturna sono subito evidenti ai nostri occhi.
In realtà, procedendo verso la nostra destinazione, la regione di Lahania, ben più a sud del capoluogo Rhodes, la folla si disperde e, nonostante i molteplici residence, la zona appare immediatamente più tranquilla.
Affamati, ci fermiamo in un locale, il GreCafé, dove gustiamo i gyros più buoni di tutta la vacanza e dove diventiamo subito noti come quelli dei “two more”, visto che io ed il mio compagno di viaggio dopo la prima porzione facciamo spudoratamente  il bis. Si sa, la vita di mare mette fame!
Ed è proprio il mare che a Rodi fa da padrone. Qui, infatti, gli amanti delle lunghe nuotate troveranno una meta da sogno: l’acqua cristallina è caratterizzata da temperature più elevate rispetto alle due precedenti isole permettendo così ai bagnanti di trascorrere ore intere immersi in un vero paradiso naturale.
Lungo la costa giocano ad alternarsi spiagge di ciottoli dal fondale profondo e lidi bassi e sabbiosi. Tra le prime Plimmyri Beach, Gennadi Beach, Kolymbia Beach e Ladiko Beach, soprannominata dagli abitanti locali la “spiaggia di Anthony Quinn” poichè l’attore hollywoodiano, che rese Rodi famosa nel mondo grazie al suo ruolo di Zorba il Greco, innamorato di questo luogo, cercò di acquistare una proprietà non lontana dalla spiaggia. Tra le seconde la lunga spiaggia di Faliraki, Tsambika Beach, Lee Beach nella località di Pefki, Glystra Beach e la peculiare distesa di Capo Prasonisi che, con il suo istmo allungato tra il mare di Karpathos e il Mediterraneo, durante la bella stagione è nota soprattutto agli appassionati di kitesurf, in inverno, invece, rimane completamente isolata dal resto dell’isola.
Anche Lindos vanta una celebre spiaggia sabbiosa raggiungibile a piedi attraversando il paese abbarbicato alla costa. Una cittadina molto affascinante carattarizzata da un intreccio di viette dove è facile perdersi e dove poter trascorrere una bellisima serata dopo una visita alla suggestiva Acropoli (12 Euro).
Svoltando ad Arhangelos troverete invece Stegna Beach, una baia di sassi e sabbia con graziose taverne affacciate sul mare in cui gustare piatti tipici a base di pesce.
Inoltre, per chi volesse unire l’utile al dilettevole, consiglio di trascorrere una mattinata ad Agathi Beach, rifocillarsi in una taverna per pranzo e, passate le ore più torride, conciliare il relax con la visita al sovrastante Castello di Faraklos ed infine rinfrescarsi dopo la scalata con un tuffo ad Haraki Beach.  
Come a Creta, anche a Rodi, il mare non è l’unica attività possibile, infatti vale la pena dedicare del tempo a qualche escursione, per esempio a Petaloudes, cioè la Valle delle Farfalle. Nei mesi estivi le falene, attirate in questa gola dall’odore della resina degli alberi,  escono dal loro bozzolo regalando ai visitatori uno spettacolo di vivaci colori; per chi vi si recasse fuori stagione, sarà in ogni caso possibile godere in maggiore tranquillità dello splendido sentiero che si addentra nella foresta circondato da torrenti e laghetti.
Infine, non può mancare una visita alla Città Vecchi di Rhodes con la sua commistione di elementi architettonici bizantini, turchi e romani. Essa è suddivisa in tre parti: il Quartiere dei Cavalieri con buona parte dei monumenti medievali, la Hora, cioè il quartiere turco, ed il Quartiere Ebraico. Insomma, impossibile sfuggire al fascino del dedalo di vie della Città Vecchia e alla magica atmosfera dell’isola dove mito e storia si sovrappongono dando vita a numerosi racconti e leggende.
Siamo così giunti al termine di questo intenso mese ed una lunga traversata ci aspetta per tornare a casa.
Ripenso a tutti i luoghi visitati, alle persone conosciute a Karpathos e a Rodi e a quelle ritrovate a Creta. Intanto i vestiti nel mio bagaglio hanno fatto spazio ad una bottiglia di vino regalata da un amico, ad una vaschetta con la sabbia di Agios Nikolaos e le conchiglie di Tsambika Beach e mentre riordino le ultime cose prima della partenza mi capita fra le mani un articolo messo da parte quando ero ancora a Milano in cui ho letto che per godere appieno dell’atmosfera greca occorre trascorrervi tre settimane: la prima si entra in contatto con il suo stile di vita continuando però a rimanere ancorati ai propri ritmi quotidiani, la seconda permette di entrare nella mentalità ellenica, ma è solo con la terza che si acquisisce quell’attitudide solare e sorridente propria dei greci e, ripensandoci a viaggio concluso, credo sia vero, tre settimane sono il lasso di tempo necessario per rendere un viaggio la splendida scoperta di un’altra cultura.
A cosa mi è servita la quarta settimana? Bhe, giudicate voi, alla quarta settimana mi sono ambientata a tal punto da preparare gyros e tsatsiki direttamente a casa!
 
Veronica Elia

 

Maggio 2017 - C'era una volta un'isola di nome Karpathos, tradotta in italiano Scarpanto. Nasce a metà strada tra Creta e Turchia, fa parte delle isole del Dodecanneso ed è la seconda in ordine di grandezza. Sicuramente la più bella e inaspettata.

E' stretta e lunga e le sue misure sono: 49 chilometri di lunghezza 11 di larghezza, nel punto più stretto solo 6 e il suo perimetro è di 160 chilometri dove troverete, paesini e spiagge che vi affascineranno sempre e comunque.  L'aspettativa alla prenotazione era di una classica isola greca, fatta di locali, tanto turismo, panorami tipici e case bianche con tetti azzurri, non che questo manchi, ma su questa isola troverete anche qualcosa in più.

Pigadia è il capoluogo, qui troverete la via dello struscio: una lunga via tappezzata di negozi di souvenir, boutique, ristoranti, pub, locali e il maggior movimento dell'isola, il paese termina con il porto, da dove partono escursioni ogni mattina e dove l'acqua del mare è incredibilmente azzurra e cristallina, questo è il primo impatto perchè ho deciso che questa località è il posto dove dormirò per questa settimana.
Mi metto a caccia di un mezzo, e dopo qualche passo nei pressi della città, scelgo uno tra i diversi centri di noleggio. La signora che mi accoglie ha questa aria malfidente, mi osserva con sguardo di sfida, non vorrebbe nemmeno aiutarmi, ma poi capisce sono italiana e il suo volto si riempie di un sorriso pieno, fiero e gentile. Mi dice di tornare il giorno dopo per il ritiro del mezzo, un cinquantino un po' usurato e vecchiotto, ma adatto al genere di vacanza che cerco. L'indomani mi lascia una cartina, la guardo, la giro e rigiro, ma poi decido vado a casaccio, da qualche parte arriverò.

Non ho una meta e quindi seguo la strada e mi faccio guidare dal vento e dalla strada che scorre, arrivo in questa spiaggia sulla costa orientale dell'isola di nome Apella Beach.

La strada che mi porta alla spiaggia lasciando alle spalle la strada principale è alternata da diverse conformazioni geologiche, tra cui promontori, strapiombi, rocce stratificate e strati argillosi, corsi d'acqua, colline, montagne.

Tutto questo da vita a un paesaggio naturale, variegato e sicuramente bellissimo, penso che sia un contesto unico, ma nei giorni a seguire mi renderò conto che le più belle spiagge di acqua cristallina di questa isola, su entrambi i versanti, regalano un viaggio su questi panorami che mozzano il fiato e ti fanno sentire lontanissimo dall'idea della classica Grecia.

Le altre spiagge da non perdere sono:  Diakoftis beach, Damatria beach, Amoopy Bay, Kyra Panagia, Achata beach, Makri Gialos beach, Lefkos beach, Agios Nikolaos beach ognuna di loro con una particolarità, ma con un comun denominatore: all'ora di pranzo, nelle ore più calde, queste spiagge si svuotano e restano delle piccole oasi desertiche dove godersi del tempo in compagnia solo della propria ombra. Un sogno.

Se fate solo una settimana cercate di fare più di una spiaggia in una giornata perchè sono tantissime (circa una settantina) e in moltissime la vegetazione tende ad arrivare fino al livello del mare riflettendo le mille sfumature di verde nell'azzurro del mare e le rocce nelle spiagge di ciottoli e sabbia; tutte sono raggiungibili via terra, talvolta con sterrati di una certa difficoltà, alcune solo via mare, potrete quindi scegliere quella più adatta a voi.

La vegetazione è tipica e prettamente mediterranea, vengono coltivate olivi, fichi, ortaggi, vite. 

La fauna è variegata di uccelli e pesci tra cui non mancano tartarughe e foche e la flora, come già detto, regalano un aspetto del tutto particolare. Il monte più alto è chiamato Kali Amini sorge nella zona centro nord dell'isola è misura 1251 m. s.l.m. Troverete siti archeologici risalenti all'era preistorica fino all'epoca romana e bizantina

Quello che di certo non manca è il folclore e le tradizioni, gelosamente custodite e proposte nei numerosi eventi che si svolgono soprattutto nel periodo estivo, musiche, balli, piatti tradizionali e vino locale la fanno da padrona. Dedicate una giornata alla città di Olimpo, sul versante occidentale, è un piccolo villaggio arroccato particolarmente conosciuto per il suo magnifico panorama, per il più romantico dei tramonti e per i suoi antichissimi mulini a vento. 

Non spaventatevi del vento, il meltemi, soffia costante sull'isola di Karpathos, rendendola la meta preferita dei surfisti di tutto il mondo, sono impetuosi d'estate colpendo la costa occidentale, ma vi assicuro che le temperature sono alte e "Mr. Meltemi" diventerà un vero e proprio alleato durante il vostro soggiorno.

Per quanto riguarda la cucina, le tipiche specialità greche non mancheranno, feta, pomodori, olive, agnello cotto a legna, stufato, alla griglia, ma sorprendetevi assaggiando una specialità locale, che non troverete in nessun altra isola e non fatevi ingannare dal nome perchè sono veramente buonissimi: Makarounes. Non imitano assolutamente i maccheroni italiani, non vuole essere una rivisitazione, sono loro, una specialità locale se siete in zona fermatevi al ristorante Elinikon a Pigadia, atmosfera tipica e ottimo rapporto qualità/prezzo!

Purtroppo è arrivato il mio ultimo giorno, ho salutato il mio scooter riconsegnandolo, ho salutato il mare, il profumo di timo e mirto che mi inondava nei miei tragitti, ho ripercorso per l'ultima volta la strada per l'aeroporto e sono tornata a casa. Lascio questa isola con la tristezza per un rientro in città, non voluto, ma con la ricchezza che ogni passo percorso, ogni paesaggio attraversato e ogni persona incontrata rimarrà nei miei pensieri, quei pensieri che più della sabbia mi bruciano gli occhi, questi stessi occhi che ancora ringraziano di essere stata qui.
 
Daniela Liberti
 

Aprile 2017 - Quando inizia la discesa, intorno alle 11.15 ora locale, riesco a intravedere dal finestrino dell'aereo piccoli villaggi, distese di terra, monti e mille sfumature di azzurro e di blu che fanno da cornice al tutto. Sono molti anni che aleggia intorno a me questo viaggio, anni in cui il desiderio, la voglia, la sensazione, la vicinanza mi sfiorano, ma il destino mi riporta via.
Oggi non è così. Oggi sono qui. Oggi i miei piedi calpestano questa terra. Questa terra verde come le sue piantagioni di thè, marrone come il suo legno, azzurra come il suo mare, rossa come i suoi fiori e nera come le sue origini vulcaniche: chiamata Mauritius.
Non pensate che la S finale faccia si che diventi una moltitudine di isole, perché Mauritius è un'isola unica. Bellissima. Solare. Accogliente. "La Mauritius", quindi!
Un'isola di 70 chilometri di lunghezza e 45 di larghezza dominata da Piton de la Petite Rivière Noir con i suoi 828 metri d'altezza e i suoi 330 chilometri di barriera corallina che la racchiudono e la rendono uno dei gioielli dell'oceano Indiano.
Puoi scegliere di svolgere l'attività che vuoi qui: goderti il mare e farti accarezzare la pelle dal sole e dal vento; visitare il Parco nazionale di Black River Gorges; ammirare un panorama ricco di benessere e magico silenzio; saziarti del rumore di una cascata; deliziare i tuoi occhi alla terra dei 7 colori e il tuo palato a la Rhumerie de Charamel; perderti in uno dei suoi variopinti mercati e acquistare prodotti locali; visitare il museo della canna da zucchero per scoprirne i suoi variegati sapori oppure semplicemente farti coccolare nei top resort dell'isola e rilassarti in una Spa da urlo.
Ho fame e sete di tutto e tutto è quello che ho intenzione resti da questa esperienza.
Ma Mauritius non è solo quello che vi ho scritto fino ad ora.
Flora e fauna la fanno indubbiamente da padrona, ma poi c'è "lui", il popolo. Persone semplici, comuni, altruisti, disponibili, rispettosi, lavoratori, gentili e se tutto questo ancora non ti ha convinto aggiungo che sono felici e sorridono.
Ti sembra scontato un sorriso? Purtroppo non lo è, e la generosità con cui te lo regalano è sicuramente il dono più bello che tu possa ricevere qui.
Nonostante le previsioni meteo non erano positive pre partenza il clima qui ti sorprende con repentine variazioni. Piccole e fugaci piogge si intervallano con sole caldissimo regalandoti a fine giornata dei tramonti all'altezza di ogni aspettativa.
Le nuvole sono lì in agguato e sembra poterle catturare con le mani, sospese, vicine e il mio consiglio, ma non solo mio, è di scegliere una sistemazione sulla costa ovest per godervi tutto questo e per evitare il vento: quel vento che agita i pensieri, sposta le carte e rischia di rovinare la vostra permanenza. Un ulteriore consiglio arrivate fino a sud su questa illustre costa ovest non ve ne pentirete vi dominerà e incanterà il promontorio di Le Morne con i suoi 556 metri di altezza sul livello del mare - usata dagli schiavi come nascondiglio viene riconosciuta patrimonio dell'Unesco nel 2008 -  e lo contemplerete facendo uno dei bagni più suggestivi nel mondo.
Noleggia un auto, ma presta attenzione alla guida al contrario, fai un bagno coi delfini, un'escursione in catamarano, un trekking nella foresta, parla con la gente, sentiti a casa, innamorati dei luoghi, contempla le stelle, bevi del rhum vaniglia e renditi conto della disponibilità e della gentilezza con cui ti snocciolano racconti sulla loro isola, sulla loro storia.
Respira e vivi ogni istante.
La sabbia corallina non scotta mai, le scarpette per entrare in acqua sono assolutamente consigliate, il fenomeno dell'alta e bassa marea non disturba come in altri posti del mondo, il francese suona come musica e ti addolcisce l'anima, i pesci ti si avvicinano senza nessuna paura, l'energia e le sinergie delle persone ti regalano emozioni incommensurabili e questa isola, brucia il petto perché ti apre il cuore, colpisce nel profondo e ti lascia solo quella voglia di dire: "non vado a Mauritius ci ritorno" perché questo dicono tutti dopo essere stati qui.
Ci sono esperienze che ti segnano e poi ce ne sono altre che ti feriscono.
Ci sono esperienze che ti coinvolgono e ce ne sono altre che ti abbandonano.
Ci sono esperienze che ti fanno sognare e poi ce ne sono altre che ti
catturano.
Infine ci sono i viaggi che ti segnano, feriscono, coinvolgono, abbandonano, ti fanno sognare, ti catturano, ti fanno gioire, ti danno adrenalina, ti regalano sorrisi, ti insegnano a vivere, comunicare, parlare, esprimerti, ti fanno mettere in gioco, ti fanno crescere, emozionare, conoscere persone ed entrare nelle loro vite, ascoltare una musica con un suono nuovo, respirare profumi diversi, camminare su strade sconosciute, conoscere percorsi alternativi, osservare con occhi nuovi, assaggiare sapori locali, vivere un altro popolo, condividere le loro idee, essere partecipi, ma soprattutto sentirsi vivi.
Purtroppo oggi mi sveglio a Milano, nel mio letto, nella mia casa, ma ho deciso di restare là da dove sono partita, per la gioia che mi ha contaminato l'anima e la tristezza che stamane ho percepito quando a
colazione non ho trovato quello che volevo, segno che, se qualcosa ti manca, vuol dire che tutto è stato perfettamente dosato nei giusti ritmi, tempi e spazi.
Mauritius per me una nuova casa, un nuovo posto nel mondo che aspetta anche te, dammi la mano e io ti ci accompagnerò lì nel mondo alberghiero di Beachcomber Hotels dove tutti ti accolgono con una gentilezza impeccabile, l'ospitalità di un sorriso, il comfort di altissimo livello, lo spirito di una famiglia, le location di un mondo nuovo, i servizi puntuali ed efficienti, ristoranti superlativi e la gentilezza di altri tempi quindi porgerti una mano e donarti un sogno tangibile solo per te, solo da vivere lì in quella che diventerà a modo loro anche casa tua.

Daniela Liberti

Marzo 2017 - Rio de Janeiro venne raggiunta e quindi scoperta nel gennaio del 1502 dai portoghesi. Pensando che la Baia di Guanabara fosse la foce del fiume la chiamarono – letteralmente tradotta –  "fiume di gennaio". Da allora inizia la sua storia, la mia, in questa città e in questo paese, inizia molto tempo dopo e come in ogni viaggio è sempre troppo veloce il tempo che scorre. Nell’immaginario collettivo quando si pensa a Rio si pensa sempre solo a una cosa: il Carnevale che è e resta una delle espressioni culturali più significative di questo paese per i suoi quatto giorni di “piacevole follia”, per il divertimento, per la sua arte, i suoi costumi e la sua musica coinvolgente, ma vi assicuro che non è solo questo. 
Il volo di Tap Air Portugal che mi porta a destinazione con scalo a Lisbona arriva alle 5 del mattino. 
E’ buio pesto, non mi è mai piaciuto arrivare col buio in una nuovo posto, ma l’eccitazione dell’arrivo attiva in me una scarica di adrenalina che mi fa appiccicare la faccia al finestrino. 
Già da lontano quello che mi colpisce di più di tutto e mi lascia a secco di parole è la vastità, la grandezza di questa città. Luci a perdita d'occhio che sembrano stelle di mille colori, estensione oltre i limiti immaginabili, per una che vive in un paese di dimensioni piccolissime, confini invalicabili e impossibili da definire anche dall’alto hanno qualcosa di totalmente inconcepibile, ma reale. Sono sopra Rio la vedo perfettamente, ci siamo, me la inizio a godere da lì, perchè le manovre per l’atterraggio durano almeno 30 minuti e penso che se non fossi arrivata col buio, tanto odiato in passato, forse non avrei mai fatto questa riflessione. Viaggiare per cambiare le idee e aprire la mente anche a quei paletti che ci eravamo erroneamente imposti e ricredersi.
L’aeroporto di Rio è molto grande, ma paragonabile a quello di altri del mondo, siamo nella loro stagione invernale.
Esco dall’aeroporto e una cappa di umido mi colpisce nell’immediato: 30 gradi all’ombra, questo per loro è l'inverno: umido, ma caldo in pantaloncini e infradito, insomma un sogno! 
L’hotel che mi ospita è a due passi dalla spiaggia di Copacabana, sei in città e a due passi hai il mare. Faccio check-in mi cambio e vado in spiaggia, il bagno con quel caldo e arrivando da Milano è tassativamente la prima tappa, poco importa siano solo le 7 del mattino.
Per attraversare l’incrocio che mi porta al mare ci vogliono 3 semafori, quello del controviale, quello della strada a 3 corsie che va verso est e quello della strada a 3 corsie che va verso ovest, la famosa passeggiata con movimento ondulatorio e la sua caratteristica pavimentazione in bianco e nero progettata da Burle Marx ed eccomi arrivata. Copacabana, 4 km di spiaggia, se vuoi fare due passi qui di certo non hai problemi, una mezza luna dominata da il Pan di Zucchero dove trovi i brindisi più lunghi di sempre, giocolieri con una palla al piede, bandiere per non dimenticare in che paese sei e la gioia. 
La seconda spiaggia più famosa, ma anche quella più esclusiva è quella di Ipanema, prende il nome dal quartiere omonimo. E’ entrata nel mio cuore e anche in quello dei brasiliani, qui non si pesca, ma tutto il resto è fattibile: surf, beach volley, football, c’è chi danza, c’è chi beve, c’è chi prende semplicemente il sole e ci sono i vari punti denominati Posto 7, 8, 9, 10, 11 e 12. Non perdetevi il Posto 9 che sicuramente è quello più frequentato da artisti e celebrità e dove sentirete sempre risuonare la canzone bossa nova più celebre al mondo “Garota di Ipanema” per noi, meglio conosciuta come "La ragazza di Ipanema”.
Ma Rio de Janeiro, come vi anticipavo, è molto altro ancora.
Nel pomeriggio si inizia a girare la città. La salita al Corcovado è la prima tappa, una montagna situata nel centro della città dove in cima c’è la statua del Cristo Redentore che a braccia aperte domina e accoglie a se tutti. Voluta da un prete cattolico per avere un simbolo religioso, nel 2007 viene riconosciuta come una delle sette meraviglie del mondo; quello che ti colpisce quando arrivi li è il gesto, queste braccia aperte, sono le dimensioni 38 metri di altezza compreso il piedistallo, ti senti veramente una formica, ed è il panorama, nuovamente quei confini a dismisura di una terra bellissima. Resto li finché non cala il sole, che cade esattamente alle spalle del Cristo, come primo tramonto in questa parte del mondo non mi posso proprio lamentare e mentre scende la sera il Cristo si illumina di tutti i colori perché la presenza da quassù ha un valore fondamentale per questa città di giorno e di notte. 
Le giornate che seguono sono in giro per la città, a scoprire la parte storica e moderna della città, ma mi vorrei soffermare nel quartiere di Santa Teresa dove si trova la Scalinata Selaron,  prende il suo nome dall’omonimo artista cileno che la decorò e la identificò come un tributo al popolo brasiliano. La prima cosa che salta agli occhi sono i colori: il giallo e il verde che sono quelli dominanti, poi la scalinata si estende per 200 gradini ricoperti di 2000 piastrelle provenienti da tutto il mondo, li percorro fino in cima e lassù nascosto dietro un angolo, su una piccola sedia, riparato dal sole, un uomo che con la sua chitarra e la sua musica ti prende per mano e ti accompagna in questa magica visita. La strada che ti conduce alla scalinata è contornata da locali e da murales coloratissimi che si disseminano in tutte le strade del quartiere, non potete mancare un tour nelle vie gustandovi qualcosa di fresco acquistato in uno dei tanti carretti posizionati ai cigli delle strade. 
La metropolitana a Rio funziona molto bene, ti collega in diversi punti della città e mi porta anche nei pressi del Pan di Zucchero. La coda è molto lunga, ma questo non mi fa arrendere.
Ecco il mio turno, una prima teleferica ti porta sul Morro da Urca e una seconda arriva fino alla cima. Da qui si gode una vista mozzafiato da una parte Copacabana e dall’altra Botafogo e il centro città; 
Secondo me, resta uno dei posti più romantici di questa città, soprattutto al tramonto, sarà per la sua forma e le sue linee che emozionano, sarà che si tuffa prepotentemente nel blu del mare, sarà che gli occhi si saziano, sarà che mi sono particolarmente commossa in quel belvedere quindi mi sento di dirvi non la evitate, non arrendetevi per il troppo flusso di visitatori e se avete paura delle altezze cercate di superarle è assolutamente imperdibile. 
Ma Rio non è solo questo: è famosa anche per contenere, in un’area urbana, la più grande foresta: quella di Tijuca. Un perla di verde nel bel mezzo della città che ti accoglie con splendide montagne, bellissime cascate e panorami da cartolina.  Oggi mi attende una giornata a contatto con la natura un tour in 4x4 all’interno del parco nazionale (un’avventura emozionante e divertente assolutamente consigliata) e a seguire la visita del giardino botanico. Chiunque voglia visitarlo potrà scoprire un parco con una natura mozzafiato, molte serre, piante carnivore, giardini pieni di rose, orchidee, tucani e palme smisuratamente grandi, fino a 10 metri di altezza, che fanno da cornice.
Per chiudere il cerchio un occhio di riguardo va a il samba. Ha origine qui in questo paese ed è sicuramente riconosciuto come punto di aggregazione, ma è proprio un patrimonio culturale, artistico molto importante per i brasiliani. Un consiglio per assaporare bene e immergersi nelle sue radici è trascorrere una serata al Rio Scenarium un locale nel quartiere di Lapa dove potrete vedere i barman più abili preparare delle gustosissime e freschissime caipirinha, essere accolti in un locale che racconta in ogni angolo la sua storia, gustarvi una buona cena, ballare il samba, per i meno dotati anche solo guardarlo e ascoltare questa musica speciale e coinvolgente dal vivo. La prenotazione è assolutamente consigliata se non obbligatoria!
Saluto Rio, e la direzione è Buzios piccola cittadina sul mare diventata famosa per essere stata “la seconda casa” di Brigitte Bardot negli anni 60 a cui hanno dedicato una statua di bronzo sulla passeggiata lungo oceano, dista 200 km circa da Rio de Janeiro ed è un luogo incantevole per godersi calma, relax e splendidi surfisti. Hai presente quando immagini che non può esistere un mare così in un posto così? È bello avere torto e riuscire ancora a meravigliarsi. Le spiagge sono immerse nel verde e la cittadina alle spalle è ricca di ristoranti, locali, negozi, discoteche e servizi di alta qualità per soddisfare anche i turisti più esigenti insomma il posto ideale per cercare la pace di giorno e per divertirsi la notte.
Ultima tappa in questo paese è Niteroì, comune nello stato di Rio de Janeiro, rimane proprio di fronte alla città carioca alla quale è collegata da un ponte di oltre 13 chilometri e ha sede il museo di arte contemporanea progetto stupefacente di Oscar Niemeyer. Architettura futuristica che ospita una collezione di oltre 1000 opere, situato sul mare con splendida vista panoramica. Al suo interno un ottimo bistrot per un lunch essenziale e tipico, assolutamente da non mancare.
Purtroppo domani è il giorno della partenza ma non mi faccio mancare nella mattinata, prima del volo, un tour in bicicletta del lungo mare Icarai, Sao Francisco fino alla Fortezza di Santa Cruz, non c’è nulla di più piacevole, nonostante il caldo e la fatica  scoprire una città facendo quello che fanno la maggior parte delle persone locali, km di piste ciclabili, profumo di mare e rumore delle onde. Proprio così saluto questo paese con questo ultimo ricordo che mi si appiccica addosso come la salsedine, come il sorriso delle persone, come il caldo, come la gioia, come le infradito ai piedi, come l’unione di un popolo che non smette mai di lottare, vivere, ma sopra tutto ballare.

Sono a casa, i confini di Milano sono ben delineati, li vedo perfettamente dal finestrino e penso che ritorno da questo viaggio viva:

Viva come Rio de Janeiro;
Viva come il sole caldo che la illumina; 
Viva come l'umidità che mi si è appiccicata addosso; 
Viva come il samba che risuona nelle mie orecchie;
Viva come  le onde delle spiagge di Ipanema e Copacabana; 
Viva come una caipirinha ghiacciata al tramonto;
Viva come le sue affollatissime favelas;
Viva come l’Acai (tipica granita brasiliana a base di frutta secca, banane e polpa di Acai) lungo una passeggiata in spiaggia;
Viva perché Rio mi ha invasa di un'emozione che nulla ti toglie e tutto ti dà. 
 
Daniela Liberti

Febbraio 2017 - “Sono stato in Africa”... quante volte lo hai sentito dire a qualcuno? Oggi posso dirlo anche io. Sì, i miei piedi hanno toccato questo continente: più volte, diversi stati, ma solo quando torni dal Sudafrica puoi chiudere il cerchio e capire cosa sia veramente quello stato d’animo che tutti chiamano mal d’Africa.
L’aeroporto di partenza d'altronde è sempre lo stesso, per fortuna la meta cambia. Il viaggio lo farò da sola, via Dubai, via Johannesburg per approdare a Port Elizabeth.
Eccomi arrivata e qui mi incontro con quattro altre donne, saranno le mie compagne per questa esperienza, un piccolo pezzo d’Italia laggiù nel capo quasi più a sud del mondo.
Noleggio auto, ci attendono 170 chilometri: che l’avventura abbia inizio.
L’esperienza di viaggiare con quattro persone che non conosci e che imparerai a farlo durante il viaggio rende l’occasione ancora più carica di emozioni.
Per anni ho desiderato calpestare questa terra, per anni l’ho descritta e decantata, prendo tutta la consapevolezza, ma lo stupore riesce ad accompagnarmi ad ogni istante.
Pensi a quando da bambina guardi i documentari e ti portano allo zoo e per una vita pensi che la vita non può essere in gabbia.
Dopo ore di volo, dopo aver capito come funziona guidare una macchina con cambio automatico, dopo aver preso la prima rotonda nel senso inverso arrivi a destinazione valichi un cancello, entri in una riserva, la strada sterrata ti fa rallentare l’andatura, ti guardi intorno e vedi l’infinito. C’è un silenzio imperiale, c’è una pace fuori dall’ordinario, c’è un calore che ti abbraccia, c’è improvvisamente un rinoceronte di fronte ai tuoi occhi.
Ti arresti. Lo osservi. Inevitabilmente lo fotografi. Con gli occhi.
Vorrei vedere lo stupore sul mio volto, lo sento. Vorrei qualcuno fotografasse anche me.
Ritorni al rinoceronte lo fotografi ancora, ma questa volta con una macchina fotografica per non perdere l’attimo.
Lo guardi e ti percorre un brivido addosso un mix tra eccitazione, agitazione, contentezza e pensi che non c’è zoo al mondo che tenga, la vita non è così crudele, la vita è vita per qualunque essere vivente nella sua terra.
Immaginavo questo viaggio prima della partenza e pensavo a come sarebbe stato, ma le emozioni che ti sorprendono sono ancora più forti di come le pensi, mentre le vivi.
Ed è così l’inizio di questo viaggio: un susseguirsi di sensazioni fuori dall’ordinario dove il protagonista non sei tu, ma loro, dove loro osservano te e vivono e tu ti commuovi pensando che il presentatore di questo spettacolo sei tu.
Le riserve e i lodge che mi ospitano in questa prima parte del mio viaggio sono tutti di livello, non c’è mai nulla al caso, accoglienze impeccabili, paesaggi e tramonti mozzafiato, camere estremamente accoglienti, ranger super qualificati che non ti fanno perdere niente del contatto con la natura durante un safari. Ogni rallentamento, ogni stop, ogni rettilineo ha dello stupore, vorresti urlare per la gioia, ma invece riempi gli occhi ed è assurdo come sia impossibile saziarsi: zebre, giraffe, elefanti, rinoceronti, bufali,  ippopotami, leoni e leonesse, leopardi, ghepardi, iene, facoceri e numerose specie di antilopi.
Il viaggio prosegue per Knysna e il panorama è un susseguirsi di laghi, montagne, spiagge dorate, rupi e foreste. Questa piccola città vanta un mare bellissimo abbinato a un paesaggio montano altrettanto suggestivo.
Noi scegliamo di dormire a Plettenberg Bay, anche qui tutti ti accolgono con un sorriso lucente anche se è tardi e da qui nei giorni successivi scopriremo i suoi favolosi dintorni e la possibilità di vedere: Monkeylands il santuario dei primati, Elephant Sanctuary per una visita interattiva e un contatto ravvicinato con i pachidermi e infine Birds of Eden, la prima voliera di volo libero nel mondo che ospita più di 3000 specie di uccelli. E’ proprio qui che facciamo la conoscenza di un parrocchetto tutto azzurro con il becco rosso “Azzurrino” che si innamora di noi e noi di lui, la tenerezza e la condivisione è talmente unica che il cuore un po’ resta lì, ma dobbiamo incamminarci per la prossima tappa: Hermanus. Piccolo villaggio di pescatori, riconosciuto dal WWF  uno dei 12 punti di osservazione delle balene al mondo (nel periodo da giugno a novembre).
Non puoi fare altro al cospetto di tanta bellezza e grandezza.  Ti siedi sulle rocce e osservi l’infinito le vedi, sono proprio loro, sbuffano, ti parlano, le osservi passare e andare.
Chiudi gli occhi, macini nuovi chilometri e il panorama magicamente cambia eccoci in quella che ricorda la nostra Toscana dai suoi spazi spropositati e i suoi ordinatissimi vigneti: le Winelands che si estendono intorno a Stellenbosch.
Le vigne si incrociano fino a formare disegni geometrici sulla superficie delle fertili valli, attraversate da catene montuose, creando notevoli effetti scenografici e panorami eccezionali.
Da non perdere una degustazione di rinomati vini sudafricani all’interno di una proprietà vinicola. Fatto!
Il viaggio sta per finire e l’ultima tappa prima della partenza sarà Cape Town.
Guido e il panorama della grande città è dominato dalla Table Mountain, che imponentemente ti accoglie e abbraccia tutta la città, il sole è ancora alto, si decide di salirci subito ed effettuare il tour per avere una prima visuale della città dall’alto.
La strada che ti conduce in cima è preceduta da una lunga fila, da una foto di gruppo (che potrai poi ritirare alle casse di uscita) e da una funicolare che rotea su se stessa in modo da farti vedere, anche mentre sali, la città da diversi punti.
Arrivi in cima e il vento ti porta via, ma il panorama ti lascia completamente esterrefatto che inizi a seguire il percorso delimitato e ti affacci ad ogni centimetro.
Da lassù vedi di tutto Robben Island, Lion’s Heads, Signal Hill, il Green Point Stadium e magicamente nella tua testa senti quel suono corale di vuvuzele dell’estate del 2010 in occasione dei mondiali di calcio.
Continuo a scoprire la città con i giardini di Kirstenbosh nel versante meridionale della Table Mountain, ti accoglie solo silenzio e questa sensazione di pace e di quiete ti accompagna per tutta la visita gustandoti tutto il patrimonio floreale del Sudafrica, non a caso oggi è uno dei giardini botanici più famosi del mondo. Se passi da Cape Town una giornata la devi dedicare al Penisola del Capo, attraversarla tutta fino in fondo, fino al Capo di Buona Speranza passando da Hout Bay – piccolo villaggio di pescatori – Simon’s Town – dove troverete la statua di Just Nuisance un cane sepolto con gli onori militari, fatevi raccontare la sua storia dai locali – Boulder Beach – per osservare i pinguini – pranzare in uno dei ristorantini locali lungo la costa – proseguire per il Capo di Buona Speranza  dove troverete zebre di montagna, volpi, antilopi e una piccola varietà di babbuini, ma un consiglio non dategli confidenza, non sono molto amichevoli!
Arrivare fino al faro con la funicolare o a piedi, come preferite, godervi il panorama e riconciliarvi con il mondo, rientrare in città e percorrere la Chapman’s Peak Drive che corre a strapiombo sul mare ed è una delle strade panoramiche più belle del paese, dove potrete godervi anche un cielo al tramonto da urlo e da non perdere i Twelve Apostles nell’ultimo pezzo prima di arrivare al Victoria & Alfred Waterfront di Cape Town dove mi fermo per cena in uno dei numerosi ristoranti caratteristici sul porto  tuttora funzionante, e arricchito da un complesso di negozi, ristoranti, bar, pub, mercati dell’artigianato, musei, cinema, acquario, ricavati dai vecchi edifici e magazzini portuali.
Seguo la musica e la mia ultima serata in Sudafrica è accompagnata da un concerto e da persone che si accalcano e si godono l’allegria ed è con questa emozione addosso che saluto questo paese, sperando di poterci tornare, di poterlo rivedere, di scoprire ancora di più, di vedere quello che non sono riuscita a vedere in questo viaggio e ricordando le parole di Nelson Mandela: “Non c’è niente come tornare in un posto rimasto identico per scoprire in quanti modi sei cambiato”. Goodbye South Africa!

Daniela Liberti - Travel Consultant

 

Gennaio 2017 - Poco importa che tu legga i giornali, senta i telegiornali o ti raccontino quello che è, se vuoi sapere, conoscere, imparare non c'è dubbio che - per stare in rima - in Israele ci devi andare.
Così inizia la mia avventura che parte sempre dallo stesso aeroporto, ma che mi porta li nella Holy Land, dove tutto ebbe inizio. Sono solo 4 ore d'aereo quelle che mi dividono dalla meta prescelta ed eccomi atterrare all'aeroporto internazionale di Tel Aviv. Un fiume di persone di tutto il mondo arriva al controllo passaporti, italiani, etiopi, polacchi, inglesi, c'è un pò di tutto lì, non è importante quale sia la ragione, l'importante è passare la dogana e l'interview, ottenere un timbro che assolutamente non sia sul passaporto e poi ci siamo si è di nuovo on the road a caccia di storie, di qualcosa di nuovo.

Giunta a Tel Aviv antico porto del Mediterraneo e metropoli all'avanguardia, si aprono spiagge di sabbia bianca, surfisti, turisti, un litorale costiero con chilometri di locali per accontentare i gusti di tutti e io sosto lì nel quartiere antico di Jaffa presidiato dalla sua moschea che mi sorprende davanti al mare con il canto del muezzin. Mi godo tutto: il mare, il tramonto e il fascino di questo richiamo alla preghiera. Mi perdo in queste piccole vie con piccoli negozi che vendono di tutto, dai vestiti più assurdi ai mobili di antiquariato, si sentono i primi profumi di una nuova meta, si incrociano gli sguardi dei locali, si ascolta una lingua nuova, si guarda la notte che si avvicina e si pensa alla prossima tappa dell' indomani.

Il mio viaggio posso definirlo un pellegrinaggio laico, che mi condurrà alla scoperta di una nuova terra e di me stessa. Gerusalemme famosa per le sue tre fedi monoteiste. Ci arrivo. La osservo. La scruto e non mi soffermo a quello che vedo con gli occhi, la annuso per perdermi completamente nella sua ricchezza. Vie super trafficate dove sfrecciano auto a tutte le velocità, taxi sempre pieni e tram ultra moderni che ti fanno perdere la concezione di dove sei realmente, ma poi come per magia ti trovi davanti la porta di Damasco. La valichi e vieni completamente catapultato in un altro mondo. Un'altra storia. Un altro tempo. Una nuova, o forse vecchia vita.

Voglio vederlo, voglio arrivare al Muro del Pianto, il luogo più sacro agli ebrei, l'ho visto troppe volte in foto, in tv, i miei occhi devono concretizzare quello che è. Cammino per la Via Dolorosa, ripercorro le stazioni e immagino come poteva essere quando la percorse Lui con la sua croce sulle spalle, non puoi non pensarci, non puoi far finta di nulla, il richiamo alla religione non può lasciarti indifferente, i primi pensieri, le prime domande: "Quanti di noi, figurativamente, ci portiamo croci sulle spalle?"

Attraverso i suq, vedo queste vie strette, annuso odori di tutti i tipi, quelli delle essenze e delle spezie sono i più forti, inebrianti, magnetizzanti e ti rendono chiara l'idea che la convivenza qui ha un senso molto più profondo di quella che banalmente viviamo noi, che la condivisione e la tolleranza ti disarmano, che la storia ha delle radici molto più profonde di noi.

Check point per poter vedere il Western Wall, l'atmosfera è molto rarefatta, c'è un silenzio da rispettare, c'è gente che cammina velocissimo, c'è chi sosta a parlare con qualcuno che conosce, c'è chi si stringe una mano e poi ci sono uomini e donne col capo chino verso un muro che pregano, cantano la loro preghiera, piangono, chiedono aiuto, lottano, sperano, amano, si allontanano dal Muro camminando all'indietro per non dargli mai le spalle, mi soffermo anzi no mi arresto, osservo. Non posso farne a meno. Osservo. Mi cattura tutto e le domande crescono molteplici dentro di me: "Potrà una preghiera portare la pace? Lo farà una colomba con un rametto d'ulivo? Le lacrime avranno mai una fine? O serviranno per tenere in vita questa terra?"

Ho accarezzato il Muro da sopra, dalle fondamenta, alla mia altezza, l'ho guardato da tante angolazioni e l'ho amato da subito, sento ancora quella poesia, quella melodia, quell'armonia che ricambia il rispetto e la stima che mi ha regalato accogliendo anche me come loro, tutti. Gerusalemme è stata chiamata la Città della Pace le sue braccia sono aperte a tutti, ma non ho mai sentito un paradosso così tremendo perchè questa è una città senza pace, perchè qui in questa città si è stati uccisi e si è ucciso per interesse e per odio.

Il viaggio è stato anticipato e proseguito dal Museo di Israele che raccoglie la storia della Terra Santa e i celebri Rotoli del Mar Morto alla quale è ispirata anche la sua costruzione, la Basilica del Santo Sepolcro dove Gesù è stato sepolto, secondo i Vangeli e dove coesistono anche le religioni armena e ortodossa, il Cenacolo, passi su passi per il Cardo e il Decumano, l'Ospizio Austriaco dove varcando un portone ti ritrovi in occidente, godendoti dall'alto una visuale della città che ti porta anche da lassù in viaggio tra le religioni per le numerose chiese cristiane, armene, ortodosse e sinagoghe che emergono dai tetti delle case una addosso all'altra, il quartiere armeno con i suoi negozi di ceramiche, ma dove e soprattutto la chiesa di S. Giacomo mi accoglie alle ore 15.30 in una funzione che ha del mistico e misterioso da coinvolgermi totalmente in un nuovo mondo a me sconosciuto e finendo col camminare con i gatti sui tetti delle case per godersi i mercati trafficati dall'alto e il migliore tramonto della città.

Non saluto ancora Gerusalemme, ma so che tra poco la lascerò, inizio a pensare sarà solo un arrivederci e non un addio; La Spianata del Tempio mi aspetta e le procedure per accedere sembrano anche a tratti assurde, ma cosa non lo è qui? Con abilità riesco a passare indenne il controllo e l'ingresso riservato ai turisti è unicamente quello da un tunnel/pedana rialzata costruita sul lato finale del Muro del Pianto, ci sono cori di protesta stamane e chi prega viene coinvolto nella protesta, come è possibile non avere rispetto di un luogo così sacro? Eccomi davanti alla Cupola della Roccia e alla Moschea di al-Aqsa, le nuvole qui sono perennemente basse, sembra poterle toccare con un dito e il vento fortissimo, le fa correre facendo emergere sole e ombre, e veloce scorre il silenzio che avvolge tutto questo luogo, non puoi sostare, non ti puoi fermare, osservi quello che per i musulmani, per gli ebrei e per i cristiani è il luogo più conteso del mondo, non ci sono parole da aggiungere qui, come in ogni angolo di questa città.

Mi rimetto in viaggio la prossima meta è la Palestina, quella che noi europei chiamiamo Cisgiordania e che gli inglesi chiamano West Bank non so cosa mi attende nel viaggio, ma a metà strada mi fermo al museo dell'olocausto Yad Vashem, scopro il numero dei campi di concentramento al mondo (21), approfondisco un pezzo di storia, mi commuovo, niente ti lascia indifferente, anche qui, la strage, gli uomini, i bambini, i loro volti, i loro nomi, i loro giochi, tutto ti lascia un segno e quello che abbraccia il museo è il giardino dei giusti dove rientrano tutti i meritevoli che hanno salvato degli ebrei. Per loro e per la loro memoria sono stati piantati degli alberi di carrubo col simbolo di un rinnovamento alla vita. I nomi i volti che ho visto sono troppi, come quel vagone montato su una finta ferrovia che cade nel vuoto ed è proprio vuota che mi sento anche io andando via da qui.

Betlemme mi accoglie con un sorriso e una povertà tale che mi disarma, spaventa, mi stringe dentro e mi smuove nuovamente e stancamente nuove perplessità. Claire ha una piccola bottega proprio vicino al muro di confine. Vende artigianato locale, mi ospita e mi racconta la sua storia, triste, drammatica, consapevole e lo racconta con un'integrità e un piglio tale che è sconvolgente per chiunque l'ascolti. Mi offre una tazza di the alla menta, vorrei non portarle via niente, ma non me la sento di non accettarlo, voglio essere completamente li per lei e la sua storia mi scuote dentro sentimenti contrastanti, dolore, rabbia, furore, calore, amore, pena, possibilità, umiliazione, tristezza, lotta, ribellione. E' una donna molto bella e ricca di sentimenti, non odia nessuno Claire, odia vivere in quel modo, con quel muro che le impedisce di vedere, di respirare, di vivere una vita normale, posso darle torto? Se passate da Betlemme, cercate Claire sarà la prima ad aprirvi la porta di casa sua, perchè lei le barriere non le impone agli altri.

I betlemiti sono diversi dai gerosolimitani sembrano più aperti alla conoscenza, più allegri, nonostante abbiano molto meno, parlano di amore, riescono a ridere, sono curiosi, ti raccontano la loro storia, non si nascondono perchè lo vogliono, non schivano gli sguardi, ti fanno sentire a casa, sarà perchè lì è la culla dove nacque Gesù, come narravano gli evangelisti? I Betlemiti mettono al mondo figli, perchè quando non sai che giorno ti aspetta domani, preferisci, seppur in un mondo ostile, lasciare una traccia e qualcuno che possa (forse) compiere un passo in più di te. La Basilica della Natività è patrimonio mondiale dell'umanità dell'Unesco, può lasciarti disinteressato quello che sai da sempre quando quello che vedi con i tuoi occhi è l'ABC della religione?
La grotta e la mangiatoia, Gesù Bambino, una messa all'alba, un albero di natale, un presepe e un arcobaleno che dipinge il cielo, perchè Betlemme è anche questo.

Il mio viaggio volge quasi al termine, ma le ultime due tappe sono inevitabili in questo cammino il sito archeologico dell'Herodion e Masada. A Herodion è stata rinvenuta la tomba di Erode il cielo bagna la mia testa, a Masada, sita a 400 metri di altitudine rispetto al Mar Morto, il sole splende alto nel cielo e il panorama da lassù vi assicuro che ti lascia senza fiato. Questa fortezza e' stata costruita per essere inespugnabile con mura altissime, ed effettivamente quando guardi il mondo da lassù sembrerebbe proprio di essere i padroni del mondo. Non è poi così strano che il carismatico Erode abbia deciso di vivere lassù...
Saluto questo viaggio con un tramonto e un bagno sul Mar Morto perché poi l'importante per tutti noi non è cadere giù, ma continuare a galleggiare.

Viaggiare per vedere con occhi diversi, per perdersi nelle persone, per conoscere nuove anime, alle volte per tornare con l'amaro in bocca e con le idee non più chiare di quando si è partiti, per scoprirsi e farsi conoscere, per ascoltare, per abbandonare la fede e per ritornare e sentire dentro di te quell'emozione fortissima, misto a fortuna, imbarazzo, amore per essere nato nel posto giusto al momento giusto. Non importa quello che leggi, senti, ascolti in Israele ci devi andare.

Daniela Liberti
 
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